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Amore esclusivo e solitudine ombrosa...
Il romanzo d’ esordio di Rosamond Lehmann, pubblicato nel 1927, possiede il respiro di una educazione sentimentale al femminile. Una storia di struggente romanticismo con tratti crepuscolari a narrare l’ infanzia, l’ adolescenza e l’ ingresso nell’ età adulta di Judith Earle, un’ anima nobile dal cuore tumultuoso legatasi indissolubilmente ai cinque cugini Fyfe, suoi vicini di casa in anni differenti.
Julia, Charlie, Roddy, Martin, Mariella, belli e misteriosi come il crepuscolo; da quell’ istante per lei le stagioni della vita entreranno ed usciranno con il respiro della presenza e svaniranno nelle loro assenze protratte.
La solitudine, come sempre, sarà la sola compagna fidata, abbandonata da un padre lontano e da una madre che non si è mai occupata di lei.
Un giorno i Fyfe riemergeranno attraverso i ricordi confusi e senza tempo dell’ adolescenza, dopo tanti giorni trascorsi tra pensieri e fantasie su quelle esistenze irreali, fatte di sogno. Crescendo sono cambiati, mutati in strani personaggi, ma restano tutti così indifferenti, quando invece per lei sono il respiro della sostanza, il calore e la sola ricchezza che la vita le ha offerto.
Perderli nuovamente annuncerà una fine imminente, le loro immagini irreali e beffarde confuse con il desiderio remoto di un’ età felice.
Judith vivrà un’ alternanza sogno-realtà, non avendo mai posseduto la chiave di accesso a quella cerchia autonoma ( i Fyfe ) e ristretta legata al proprio vincolo di sangue. La sua fantasia rimane feconda, la realtà arida come la pietra perché una come lei non ha mai potuto accettare ed adeguarsi alla “ normalità “, sinonimo di stupidità.
Gli anni scorrono nella casa della tristezza ed hanno il sapore di una vecchia corrispondenza giardino-anima, per una ragazzina vissuta sempre sola, che non ha mai frequentato una scuola e dei coetanei, se non loro, e che non sa stare tra la gente, terrorizzata da un abbandono manifesto.
Ma una nuova stagione è alle porte con cambiamenti rilevanti, tre anni di college a Cambridge e soprattutto lei, Jennifer, un turbine emozionale di simpatia e lucentezza, mentre il gruppo ristretto e a lungo atteso nel buio vicino al fiume è destino sparisca insieme ai balocchi dell’ infanzia.
Judith non si lascia andare all’ incoscienza, rimane spettatrice e commentatrice, per lei è impossibile guardare senza pensare, indifferente a tutto. Jennifer invece è la luce, magnetica, capricciosa, senza regole, quasi volesse sostituire la coscienza con la gioia; è una fiamma irruente che corre accanto alla forma indistinta dell’ amica.
Ma per Judith e’ troppo, troppa felicità, troppa bellezza, quella parte di se’ che non è mai riuscita a liberare insieme ad un passato che ritorna in un sentimento non ricambiato per Roddy, nella muta sofferenza per Martin, nella nostalgia di Charlie, nel legame affettivo con Julian.
Jennifer ha creato Judith e lei finisce con il distruggerla, pretendendo per se’ l’ esclusività di un amore.
Gli anni di università sono finalmente all’ epilogo e Cambridge si è rivelata una grottesca irrealtà organizzata, ogni cosa è cambiata, Judith è cresciuta e maturata e i cugini Fyfe, per lei, hanno smesso di essere oggetto di terrore e di angoscia.
Forse il loro rapporto avrebbe dovuto conservarsi nell’ incanto meraviglioso dell’ infanzia o tutto era stato solo una recita, una menzogna, e la felicità sarebbe mai tornata ?
“…si era finalmente liberata della propria debolezza, della vana ossessione di dipendere dagli altri. Non aveva più nessuno al di fuori di se stessa…. questo voleva dire essere felice: questo vuoto, questo stato di leggerezza incolore, questo non pensare, questo non sentire. Era una creatura il cui passato formava un grande cerchio ormai chiuso, pronto per essere buttato via. Presto avrebbe dovuto cominciare a pensare: “ E adesso?”. Ma non ancora, subito….”
Un romanzo di ardore e sentimento, doloroso rimpianto e disperato bisogno di amare..
Un romanzo molto al femminile, ma che sa penetrare, scardinare e riflettere il meno complesso universo maschile.
Un romanzo che attraversa il delicato mondo dell’ infanzia, della adolescenza, quando permane una certa nostalgia per il tempo che fu ad accompagnare la nascita di una sensibilità adulta.
Un romanzo che parla delle innumerevoli facce dell’ amore, lasciando spazio ad interpretazioni piuttosto scandalose per l’ epoca ( una omosessualità più o meno velata, scenari erotici soffusi ), che parla di donne ed alle donne, ma che guarda oltre, rivelando un universo sentimentale e culturale che coinvolge generazioni intere.
Un romanzo che traspira solitudine, bisogno di un caldo focolare domestico da sempre negato, desiderio di scoprire, immaginare, sognare, di un ideale estetico-sentimentale totalizzante, rifugio da un mondo sconosciuto ed inaccettabile ( in questo molto adolescenziale ).
In una prima parte ben congeniata, miscela di sogno e desiderio, illusioni e speranza, delusione e pentimento, i rapporti umani sono trattati con la profondità di una dolorosa presenza ed un certo candore fanciullesco. La seconda parte, addentrandosi nel fluire degli anni, perde di forza e lirismo, i rapporti si fanno diretti, consistenti, le descrizioni ed i sogni cozzano con la cruda realtà risentendo dell’ insufficiente apporto di una scrittura non sempre adeguata
A questo proposito ricordiamo che Rosamond Lehmann ha respirato, sin dall’ infanzia, il sapore letterario, conosciuto e frequentato, per un periodo, Virginia Woolf, intrattenendo con lei una corrispondenza epistolare, ed il circolo di Bloomsbury, di cui non si è mai sentita all’ altezza, e ricordiamo che questo è il suo esordio letterario, ventiseienne, ancora una giovane donna, proprio come Judith.
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