Dettagli Recensione
“Mi ha portato qui l’illusione.”
Non solo dell’illusione, ma anche del sogno e di uno stato continuo di dormiveglia questo romanzo ha tutte le sfumature.
Proprio per via della sua dimensione onirica, a tratti evanescente, “Pedro Páramo” non è un romanzo come tanti; Juan Rulfo, autore messicano del secolo scorso, inaugurò un nuovo modo di scrivere, influenzando altri scrittori sudamericani, come per esempio Gabriel García Márquez che, stando alla sua diretta testimonianza, lesse per ben due volte il libro in questione nel corso della stessa notte. Non a caso, cattura molto la lettura di queste pagine, dove sogno e realtà s’intrecciano, vita e morte si confondono, passato e presente si amalgamano in una dimensione atemporale dal fascino e dalla suggestione straordinari. Splendide le descrizioni di ambienti e paesaggi che finiscono per coincidere con stati dell’anima scanditi dallo scrosciare della pioggia, dal rincorrersi di albe e tramonti, dal palpitare delle stelle e dall’incedere delle notti più buie durante le quali si accendono spesso le voci e i sussurri di un villaggio ormai muto e disabitato ma pur pieno di echi.
Una storia di umane passioni e miserie sullo sfondo di lotte e rivendicazioni sociali. Per me un filone senz’altro da approfondire, questo della letteratura latinoamericana, di cui, fatta eccezione per un assaggio di Sepúlveda, ancora non conosco granché.