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Vivere al tempo dell'ETA
Patria è un affresco emotivo, familiare, sociale di un periodo decisivo della storia del popolo basco, carico di pathos, sentimenti e fatti che intrecciano le vite di due famiglie.
Non c’è giudizio politico né pregiudizio da parte dell’autore ma egli si pone quasi come uno spettatore a raccontare le vite dei suoi personaggi e come si intrecciano ed evolvono in un contesto sociale e politico determinato dalla violenza, dalla lotta armata e dal sangue versato da entrambe le parti. C’è poesia e amore nonostante la violenza e gli assassinii perché parla di un periodo fondamentale della storia del popolo basco ma soprattutto di come lo hanno vissuto personalmente i suoi protagonisti, con il carico emotivo che ha segnato le loro vite. Ci sono i buoni e i cattivi ma a seconda del punto di vista di chi vive in prima persona la tragedia che si inanella attorno alla vita di Bittori, moglie del Txato, la vittima, e di Miren, madre del terrorista Jose Mari.
E’ una storia in cui le donne hanno un ruolo da protagoniste e segnano, nel bene e nel male, l’evolversi dei fatti. Bittori e Miren innanzitutto, donne tutte di un pezzo si direbbe, donne forti, accomunate, anche se in modo diverso, dal dolore e dalla tragedia, donne che non piangono, ruvide, che non possono permettersi di cedere al sentimento. Che pure c’è, a cercarlo sotto la scorza dura che gli ha costruito addosso il dolore. Donne che non si piegano, che neanche l’assassinio del marito per Bittori e l’incarcerazione del figlio per Miren riescono a spezzare. Anzi, al contrario, diventano un motivo per vivere, per andare avanti, per lottare, ognuna con la propria personale lotta.
Se cerchiamo una figura di donna più equilibrata, tenera e commossa, pur nella sua feroce determinazione, la troviamo in Arantxa, figlia di Miren, colpita in età adulta da un ictus che la riduce su una sedia a rotelle, senza poter parlare, con una paresi della parte sinistra del corpo, ma che non si arrende alla malattia e non perde di umanità, compassione e voglia di vivere. E’ lei che è il motore del cambiamento nel fratello, lei che ha il coraggio di superare l’odio incancrenito e addirittura diventare amica di Bittori dopo l’assassinio del Txato.
Gli uomini in questo romanzo fungono un po’ da comprimari: la testa dura del Txato, che non si piega alle minacce dell’Eta, l’apatia di Joxian, marito di Miren, il comportamento di chi non vuole troppo immischiarsi di Xabier, figlio di Bittori. Si salva Gorka, il figlio minore di Miren, che ha il coraggio di schierarsi contro il fratello e di fare outing.
E’ un libro che il basco Aramburu ha scritto con il cuore in mano, comprensibilmente coinvolto nella storia del suo popolo, ed è l’atteggiamento con cui si dovrebbe leggerlo, lontano da giudizi.
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