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La vita in espadrillas
Porquerolles è l’isola nella quale viene ambientato gran parte di questo intenso e , come al solito, amaro e struggente romanzo. È un non luogo, o meglio il luogo delle vacanze, quello dove le relazioni sono tutte da costruire, gli abitanti da studiare nella loro quotidianità, l’essere un turista di passaggio un affare dalla grande delicatezza. È un ambiente prevalentemente marino preso d’assalto da vacanzieri non sempre attenti, circondato da essenziali abitazioni e dove si respira la capacità di accogliere e di integrare. È insomma un delicato ecosistema dalla fauna variegata che si agita nei placidi e suggestivi fondali. È un luogo scomodo inoltre , fuori mano, estremo sud francese, ci si va una volta e basta. Non può pretendere l’ancor giovane dottor Mahè di trascinarvi oltre la sua famiglia, tantomeno per ben cinque anni. Cosa lo spinge verso quei fondali? Cosa va a cercare? Qual è il malessere che lo anima facendogli alimentare una atroce, inutile, fallimentare ossessione?
Quanta della sua inquietudine ha sfiorato lo stesso Simenon quando anch’egli vi dimorava per lunghi periodi, osservando, cogliendo i particolari del vivere quotidiano, in quel luogo che, per estensione, rappresenta la seconda isola più grande della Francia dopo la Corsica, persa lì , a sud di Tolone.
L’ambientazione è dunque la protagonista di questo scritto, fagocita il lettore e il dottore che, come tanti altri personaggi del belga, si specializza nell’evasione, nella fuga dalla propria famiglia, dal luogo natio, dalle certezze per, in sostanza, rigettare la propria identità, spesso artificiosa, precostituita e falsata da pressioni, oppressioni, incapacità di vivere o ancora prima di dare giusta lettura alla propria esistenza.
Suggestivo e malinconico, lo consiglio.
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