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La banda dei brocchi
 
La banda dei brocchi 2017-12-15 18:06:47 Mian88
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Dicembre, 2017
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Spaccati di vita e di realtà...

Una serata berlinese, anno 2003, due ragazzi imparentati con i protagonisti. Una storia, quella che ci narrano senza una vera fine perché di fatto, semplicemente questa viene ad interrompersi.
Torniamo indietro nel tempo ed arriviamo a prima degli anni ’70. Oltre che agli anni, cambiano anche i luoghi; ci troviamo adesso a Birmingham in Inghilterra, una località dimessa, lontano dalla capitale, dalla modernità, uno spazio dove l’inferiorità ti è marchiata a fuoco sulla pelle e dove la cultura non è la principale preoccupazione, un posto dove un gruppo di quattro amici composto da Benjamin, Doug, Philip e Sean, anche detti “La banda dei brocchi” frequenta la scuola esclusiva e per eccellenti alunni modello, del Kingston Williams. Quale miglior modo, d’altra parte, per riscattarsi dalle proprie umili origini e accedere ad un prestigioso college e radioso futuro, altrimenti?
Vero protagonista dello scritto è Ben, il sedicenne dal carattere schivo, innamorato da sempre di Cicely, abile con la carta scritta, lacunoso con le parole proferite a voce. Acerbo della vita, il ragazzo è circondato da una realtà sociale particolarmente complessa: siamo negli anni della crisi, negli anni in cui scioperi, governi inadeguati, l’IRA, la xenofobia, il nazionalismo sono all’ordine del giorno mentre i laburisti vengono rimpiazzati da quei conservatori che a lungo vi resteranno. E lui, così come i suoi coetanei, non ha una percezione diretta di ciò, perché nella scuola tutto è ovattato, offrendo questa un modello teorico fatto di future classi dirigenti e di un potere determinato nel suo essere dal linguaggio che si contrappone con quegli scenari casalinghi in cui i genitori parlano di relazioni, di un mondo fuori sconosciuto. E cosa può fare allora Ben se non rifugiarsi nella musica e nei suoi sogni d’amore? Cosa può fare se non cullarsi in quel senso di malinconia e apatia che tutto tocca e nulla esclude?
Doug, è al contrario la perfetta antitesi di quest’ultimo. Estroverso, carismatico, e sicuro di sé, resterà affascinato da queste classi sociali benestanti, agiate, ricche che vivono in città di rilievo e di denaro.
Al tutto si somma un caleidoscopio di altre vicende, un caleidoscopio di esistenze che spesso restano sospese o vengono troncate nella loro narrazione, al tutto si somma lo scorrere della quotidianità in un contesto in un cui i genitori sono i primi ad essersi persi e per questo faticando a capirsi, faticano a capire e a crescere i rispettivi figli, figli che a loro volta sono colorati da emozioni contrastanti che vanno dal cameratismo, idealismo, gelosia all’ammirazione.
Eppure, come in ogni buon romanzo, non manca la maturazione. Ben sarà colui che tirerà le somme, che mostrerà e riassumerà quella condivisione e quella certezza di appartenenza a quel futuro già scritto. Assisteremo al termine degli anni di liceo, assisteremo allo scioglimento della banda, assisteremo al disconoscimento di quegli ideali che sembravano ineludibili, assisteremo, ancora, all’inevitabile scorrere del tempo.
Perché quante volte siamo preda degli eventi e non ci rendiamo conto che mentre noi siamo preda della nostra corsa, quel che ci sta intorno sta mutando inesorabilmente, sta cambiando per non tornare mai più. E quegli attimi che avremmo potuto fermare, che avrebbero potuto costituire momenti di felicità e bellezza ormai non ci sono più.
Il modello culturale inglese, ancora, è oggetto di forte critica non risparmiando Coe a questo alcunché. La sua è una analisi chiara, tagliente, spietata, atta a non tralasciare nessun carattere della medesima.
Uno spaccato, un ritratto d’epoca, un romanzo di formazione con quel senso ineluttabile di mestizia che cattura, che resta. Ironico e pungente lo stile, seppur un po’ troppo prolisso nella esposizione. Soprattutto nelle prime pagine non è semplice far capolino nella storia, nelle vicende. Bisogna avere un po’ di pazienza, ma una cosa è certa: ne vale la pena.

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