Dettagli Recensione
Ma non è Proust
Reazione tiepida a questo romanzo di Yukio Mishima, scrittore affrontato per la prima volta.
Si parte dall'infanzia dell'io narrante, con pagine che raccontano la sensibilità morbosa di un bambino cagionevole che manifesta già segretamente tendenze omosessuali.
Tra fantasie erotiche sadiche e voglia di “normalità”, il protagonista è affascinato dalla morte ma non rinuncia alla vita, preda di laceranti contraddizioni che lo inducono a scindere i sentimenti platonici e intermittenti verso una donna e il desiderio sessuale che gli ispirano da sempre i corpi maschili.
Potente, per quanto mortifero, quest'ultimo, con tutta la forza che deriva dall'autenticità, destabilizzante il primo, carico com'è di sentimenti forse costruiti a tavolino (non è dato sapere fino a che punto) e di una frustrazione che mina alle fondamenta la sua pace mentale:
“...certo, io sono incapace di amare una donna”.
Il tutto è raccontato con frasi involute e un po' verbose che ricordano e probabilmente emulano lo stile di Proust, senza però essere alleggerite dal brio e dallo charme tipici dello scrittore francese, che riusciva ad universalizzare le sue sensazioni e quelle altrui con uno sguardo acuto verso uomini e cose; sguardo che in Mishima, troppo concentrato su se stesso, resta a un livello superficiale.
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