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Adesso siamo ricchi
Questo racconto di Irène Némirovsky è un gioiellino al veleno, crudele nella sua bellezza, prezioso per la densità dei suoi dialoghi rivelatori, che in poche distratte parole distruggono maschere e apparenze. Del resto, nell’ambiente che circonda la piccola Antoinette, l’ipocrisia è fragile come carta velina.
Antoinette ha quattordici anni, e desidera con feroce intensità di esplorare le gioie della vita adulta, in particolare quelle del sesso e dell’amore. Vuole brillare, gioire, uscire dalle paludi di impotenza e di noia dell’infanzia. Suo padre, “un piccolo ebreo scarno con gli occhi di fuoco”, è riuscito improvvisamente ad arricchirsi, ma questo per lei si traduce soprattutto in nuove pretese da soddisfare: regole da mettere in pratica, lezioni noiose, imposizioni e critiche: Antoinette deve imparare a muoversi, a parlare, soprattutto a mentire sulla povertà trascorsa.
Rosine, madre di Antoinette ed ex “dattilografa del capo”, è determinata a prendersi la rivincita sugli anni passati ad attendere l’arrivo di una nuova vita: la ricchezza è finalmente arrivata, ma la sua freschezza è agli sgoccioli e lei è ansiosa di spremere il meglio da quel che le rimane, di salvare il salvabile e godere il godibile, di “vivere”, di essere finalmente “felice”. E sua figlia Antoinette, ormai in età da marito? Lei deve rimanere fuori dai piedi. I baci rituali del risveglio e della buona notte che le somministra sono un rituale ormai svuotato di significato.
Malauguratamente, Antoinette e Rosine, madre e figlia, condividono e lo stesso preciso, identico e luccicante ideale di felicità: l’amore, anzi, “l’amante”, talmente usuale da rappresentare un’istituzione nella società francese del tempo. Madre e figlia, la stessa ansia, lo stesso desiderio.
Un desiderio che presto potrebbe realizzarsi: stanno per organizzare il primo, lussuosissimo, costosissimo ballo, che comprenderà ex prostitute sposate, arricchite e ripulite, blasonati e arricchiti, mariti e gigolo (“sono decorativi”), truffatori e corruttori, donne sposate e signorine acide per diffondere l’invidia... Un ballo che riflette fin nei minimi particolari la vastità del degrado che circonda la piccola famiglia appena arricchita: il sogno luccica ancora e produce ancora desiderio, ma mostra già il potenziale distruttivo.
Al ballo ci saranno tutti e di tutto, tranne Antoinette. Rosine è determinata: sua figlia dormirà in uno stanzino, in fondo al corridoio. La frustrazione della ragazza è direttamente proporzionale alla sua voglia di mordere i primi frutti della vita sessuale. Ma la madre non capisce, si illude, minimizza.
“La domerò, puoi giurarci...”
“Un ballo. Non ti inorgoglisce l’idea che i tuoi genitori diano un ballo? Non sei molto sveglia, temo, povera figlia mia”.
La rabbia di Antoinette produrrà effetti devastanti. E rivelatori. La famiglia ha conquistato il denaro, ma rimane priva non soltanto di valori e di affetti, ma perfino di solidarietà, obiettivi comuni, miti da conservare, apparenze da salvare.
Una piccola storia tragica, scandita da un ritmo perfetto e inesorabile che si consuma in un tempo breve, ma sufficiente a spaccare superfici ed esporre illusioni, brutture, miserie. Lo stupore della giovanissima protagonista di fronte alla fragilità degli adulti, quei mostri che tanto teme e tanto odia, riflette l’enormità della desolazione, della sconfitta di un’intera società.
Nelle opere successive non mancano i barlumi di speranza e di tenerezza, ma qui la penna di Némirovsky dimostra un’intelligenza lucida e spietata, che ferisce con il suo sarcasmo e non conosce perdono, redenzione, delicatezza. Da non perdere.
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Commenti
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"Suite francese" mi è rimasto nel cuore e questo sarà il secondo libro dell'autrice che prima o poi leggerò.
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Questo racconto è piaciuto molto anche a me! Mi devo decidere a leggere altro della Némirovsky! :)