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Verso la fine
“Se ne stava seduto nella veranda davanti a casa, sorseggiando una birra e stringendo la mano della moglie. Il fatto era che stava morendo. È di questo che parlavano. Prima della fine dell’estate sarebbe morto. Entro l’inizio di settembre quel che restava di lui sarebbe stato ricoperto di terra nel cimitero tre miglia a ovest della città. Qualcuno avrebbe scolpito il suo nome su una pietra tombale e sarebbe stato come se lui non fosse mai esistito”.
Dopo aver letto “Canto della pianura” e “Le nostre anime di notte”, eccomi con un altro libro di Haruf. Un autore che si distingue bene per il suo stile e per le tematiche scelte soprattutto nel modo di trattarle.
Siamo come sempre a Holt e stiamo accompagnando Dad Lewis verso la fine. Dad non è solo, con lui ci sono la fedele moglie e la figlia, ma la morte è comunque una cosa che si affronta da soli. La sua non è una morte accidentale, di quelle non prevedibili dove un momento ci sei e l’altro non più. Dad sa di avere poco tempo e quando senti l’orologio continuare a battere e la tua fine avvicinarsi, i pensieri si affollano nella mente. Una vita la sua che può sembrare come molte altre e proprio per questo non sempre è stata perfetta. Sono molti gli sbagli cui Dad vorrebbe porre rimedio, ma come tali sa che ormai il tempo è passato, ma questo non limita il dolore che prova.
Come ogni cittadina che si rispetti, sono molte le persone che si avvicinano alla famiglia nel momento del dolore, ma ognuna di esse porta con sé qualcosa, anche il loro “bagaglio” non è leggero. Fra gli altri spicca sicuramente la figura del reverendo Lyle.
“Che tempo fa oggi fuori? Ancora troppo caldo?
Dicono che verrà a piovere, rispose Lyle.
Potrebbe. In effetti sta diventando scuro.
Ai contadini non farà piacere, vero papà? Disse Lorraine.
No, se devono mietere il grano. Per quelli che coltivano mais fa lo stesso.
Sembra una specie di benedizione, una benedizione a doppio taglio, disse Lyle.
Dad lo guardò. Eh, sì. Un sacco di volte le benedizioni non sono andate per il verso giusto”.
Un Haruf che continua a sorprendere per la semplicità dei suoi protagonisti e per i temi scelti. Vivo da trent’anni in una corte e capisco bene le dinamiche “delle piccole comunità” e mi ritrovo pienamente nelle sue parole.
Rispetto agli altri l’ho trovato leggermente meno piacevole, rimane comunque un libro di altissimo livello.
Buona lettura!
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