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PRENDIMI PER MANO
Tengo e Aomane (o piselli verdi) si cercano e si rincorrono nello scorrere dei 3 libri che hanno al centro questa storia d'amore raccontata nella maniera visionaria e sussurrata di Murakami. Si cercano senza saperlo, ma il destino li mette uno sulle tracce dell'altro dal ricordo della prima stretta di mano quando erano dei semplici compagni di classe, ma già allora condividevano una sofferenza e vivevano un rapporto genitoriale complesso e intricato che li portava a distanziarsi dalla vita normale dei loro coetanei, l'uno obbligato a passare i week-end insieme al padre a bussare alle porte per esigere il canone della TV, l'altra obbligata a far proselitismo per la setta di appartenenza della famiglia.
Aomame a tutto ciò ha però la reazione più dura, è lei sicuramente la parte forte della coppia, dal momento in cui è lei a decidere stringergli la mano, a quando abbandona senza guardarsi più indietro quella vita chiusa e santificata voluta dai genitori, fino a quando lotta a costo della vita per riavere Tengo, per proteggere questo amore in un mondo parallelo che non è più il 1984 ma che lei chiama 1Q84 e provare a portarlo indietro nel tempo. E Tengo si abbandona a lei, la segue senza fare troppe domande perché sa che il vero cuore pulsante della coppia appena ricreatasi è Aomame.
Quindi in definitiva un romanzo d'amore, ma con tutti i caratteri particolari e surreali che Murakami dà alla storia rendendolo quindi un romanzo immaginario, fatto di due lune splendenti nel cielo, di piccole creature che vociferano alle vestali della setta Sagikake ispirando azioni e pensieri, della crisalide d'aria che sembra rappresentare un utero materno dentro al quale prende corpo la Vita.
Pieno di simboli e di metafore raccontate nella maniera sommessa e al limite della tristezza tipici di Murakami, che però mi permetto di dire forse troppi, lascia troppe domande aperte probabilmente, si dilunga per 3 lunghi libri nella descrizione di questa storia d'amore, degli intrighi e del mondo immaginario che li circonda e poi dà un'accelerata improvvisa alla fine del terzo lasciando in sospeso troppe questioni aperte provocando uno sbilanciamento nel racconto che toglie un po’ di forza ad esso stesso.