Dettagli Recensione
Anni Sessanta
“Com’era triste, o eccitante, o strano essere vivi negli anni Sessanta”.
La descrizione di una New York “vintage”, tra eccessi e tradizione, è il tratto più notevole di un romanzo che non aggiunge nulla, letterariamente parlando, a quanto scritto da altri autori (Proust, Maugham, o anche Buzzati) in tema di amori malati e ossessioni amorose.
L’io narrante, una volta divenuto consapevole dell’infermità mentale della donna che ama (disturbo borderline, verosimilmente), tiene tutto sommato la rotta.
Questo suo “non perdersi” - unito al fatto che Sylvia è un personaggio più irritante che carismatico - fa perdere punti alla storia, che ha comunque il pregio della chiarezza e persino una certa utilità sociale: quando l’amore comincia a costare più del suo effettivo valore è il caso di darci un taglio.
Deduzione, quest’ultima, che si fa strada quasi tra le righe, ma solida, malgrado il dramma finale e la cronaca nostalgica dei momenti felici strappati all’inferno quotidiano:
“La naturalezza del nostro essere insieme in quel momento mi fece riflettere: E’ questo l’amore?”.
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |