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Tema pesante, tono leggero
Prima di commentare il romanzo come di consueto, vorrei fare una breve premessa. Credo sia impossibile leggere questo volume senza riflettere sulla situazione del protagonista e senza porsi il classico quesito: “al suo posto, come mi sarei comportato/a io?”.
A mio avviso, uno dei propositi dell’autrice era proprio far ragionare i suoi lettori e far loro comprendere che in alcuni casi non si possono trovare delle risposte univoche, ma che ognuno deve valutare e decidere per proprio conto. Sviluppando un poco la propria empatia, si può comprendere come ogni persona reagisca ad un trauma in modo diverso, ma non per questo deve essere giudicata.
Tema centrale del romanzo è la crescita e la presa di coscienza di sé della protagonista, Louisa Clark. Nelle prime pagine la conosciamo come una ragazza insicura delle proprie capacità e, soprattutto, del suo futuro, a dispetto dell’affetto che evidentemente la lega alla sua famiglia e della lunga relazione con il fidanzato.
La vita riserva però un’inattesa svolta per Lou: la perdita dell’impiego di sempre la farà conoscere Will; e la sua vita non tornerà più ad essere quella di prima.
Dal canto suo Will, un tempo uomo d’affari di conclamato successo ora costretto a vivere su una carrozzina, non dimostra in concreto alcun cambiamento nel suo carattere, ma si adopera in ogni modo per aiutare Lou a sviluppare il suo vero io.
La storia si sviluppa molto velocemente, priva di veri e propri colpi di scena ma non per questo incapace di incuriosire il lettore che, sebbene abbia intuito la storia d’amore praticamente dalla copertina (grazie tante, Mondadori), è impaziente di scoprire come si giungerà ad essa e come questo cambierà le vite dei protagonisti.
Tra questi, Will è di certo “svantaggiato” dal momento che al lettore non viene mai concesso di sbirciare il suo POV, mentre di Louisa conosce praticamente tutto, dal momento che la maggior parte degli eventi vengono presentati attraverso i suoi occhi. Ho trovato molto interessante il personaggio di Treena, affatto convenzionale e con delle idee molto chiare su ogni argomento, pur conscia di non poter piacere a tutti.
Per quanto riguarda gli altri personaggi secondari, ritengo che una buona parte sia troppo stereotipata e con dei ruoli quasi da comparse, a dispetto della forte connessione con i protagonisti, come nel caso della sorella di Will.
In generale, lo stile della Moyes è molto scorrevole, di certo per merito delle predominanza dei dialoghi sulle parti più descrittive.
Sono presenti alcuni capitoli POV di coprotagonisti a dir poco superflui, che nulla aggiungono alla narrazione, né all’introspezione dei personaggi stessi: tutto poteva essere reso nel POV di Lou. Queste parti mettono poi in evidenza come l’intero romanzo sembri essere più una raccolta di interviste per un documentario che la trasposizione dei pensieri dei personaggi, specie per il modo molto diretto con cui questi si rivolgono al lettore. Anche quando la narrazione è incentrata su Louisa si può notare questo dettaglio, seppur in tono più lieve.
Altro particolare che non ho affatto apprezzato sono stati i continui tentativi dell’autrice di smorzare la tensione con battute o siparietti comici, spesso incentrati sulla protagonista: capisco la necessità di allentare l’angoscia, ma in alcuni casi esagera davvero senza che ce ne sia bisogno.
Sono rimasta positivamente colpita invece dal coraggio con cui la Moyes ha descritto nel dettaglio la vita di un uomo tetraplegico, sicuramente grazie ad un ottimo lavoro di ricerca. Ciò permette al lettore di poter comprendere un po’ meglio Will e il suo mondo.