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Ragazza e Rose, divise da quarantamila anni.
Ragazza appartiene ad una piccola famiglia di Neanderthal che vive nell’odierna Provenza. La sua vita è scandita dai ritmi della natura: la caccia ai bisonti in transumanza, la pesca dei salmoni che risalgono i fiumi al disgelo, il lungo sonno invernale. Purtroppo, con l’andare degli anni, il gruppo a cui appartiene si è costantemente assottigliato: con lei sono rimasti solo la Grande Madre, ormai ultratrentenne (!) e, quindi, preziosa solo per l’esperienza, ma vecchia ed inadatta ai lavori pesanti, Lui, il fratello maggiore, Storto, il fratello più piccolo, deforme ad un braccio, ed il giovanissimo Cucciolo che la famiglia ha adottato l’anno prima e che appare così gracile e strano: pelle scura, mento prominente, testa rotonda, occhi sporgenti privi di cresta sovraorbitale (!). La vita per loro è davvero pericolosa e aleatoria così, uno dopo l’altro, tutti i parenti di Ragazza soccombono alle difficoltà e ai predatori. Rimarrà sola, incinta di Lui, avendo violato uno dei più sacri tabù della famiglia che vieta l’accoppiamento tra consanguinei, e priva di ogni speranza. Infatti, al posto di riunione lungo il fiume, dove negli anni passati tutti si raggruppavano per godere dell’abbondanza di cibo fornito dai salmoni in risalita, è giunta solo lei, assieme a Cucciolo; nessuna traccia delle altre famiglie tra cui quella dell’amata sorella maggiore. Quindi Ragazza non potrà trovare né un compagno per formare una nuova famiglia né altri individui a cui aggregarsi. I problemi assumeranno la loro cruda drammaticità all’arrivo dell’inverno quando, al calare delle riserve di cibo secco, aumenteranno le esigenze di calorie della puerpera. Quando tutto sembrerà perduto il destino, però, fornirà a Ragazza una straordinaria carta da giocare per la sua sopravvivenza ed una occasione rivoluzionaria anche per l’intero genere umano.
Quarantamila anni dopo l’archeologa Rosamunde Gale scavando in un sito nei pressi di Avignone fa una scoperta sconvolgente: a fianco di uno scheletro di Homo sapiens è stato inumato quello di una donna della specie Homo neanderthalensis e la posizione reciproca dei due corpi sembra lasciare pochi dubbi sui rapporti reciproci. Ma Rose non può proseguire da sola gli scavi: è incinta al terzo mese ed i risparmi stanno per finire. Tuttavia il mondo scientifico è ostile all’idea di rapporti e unioni tra le due specie di Homo, perciò teme che, se abbandonerà il sito ad altri, il suo ruolo nella scoperta verrà misconosciuto e le sue ipotesi saranno osteggiate, sminuite o criticate. Dovrà decidere se dare la preferenza al figlio, da tanti anni vanamente atteso, o alla sua carriera di scienziata e ricercatrice.
Durante una delle mia abituali esplorazioni in libreria il mio occhio è caduto casualmente sul libro della Cameron e ne è rimasto attratto.
L’argomento è parecchio stimolante, perché si pone due ambiziosi obiettivi. Da un lato c’è quello di ricreare, senza preconcetti, ma sulla base dei dati scientifici ad oggi conosciuti, la vita dei Neanderthal, sino a poco tempo fa descritti come essere poco evoluti, poco più che scimmioni umanoidi, quasi una vicolo cieco dell’umanità. D’altro canto l’A. vuol mettere a confronto due donne, separate da quarantamila anni di evoluzione, ma alle prese con il medesimo problema: la difesa della propria esistenza e della propria discendenza.
La narrazione procede per storie parallele. Inizialmente facciamo conoscenza con Ragazza, con la sua famiglia e con le estreme difficoltà nelle quali è costretta a vivere, negli anni più bui dell’ultima glaciazione. Poi ci viene presentata Rose, caparbia ricercatrice di mezza età che lotta disperatamente contro un ambiente scientifico maldisposto, con i pressanti problemi economici, con quelli creati dalla relazione a distanza col compagno, insegnante a Londra, e con le difficoltà della gravidanza che avanza.
Due obbiettivi ambiziosi, dicevo, e non pienamente raggiunti. La descrizione della vita di Ragazza, indubbiamente coinvolge, ma la ricostruzione pecca di una certa presunzione e di un pizzico di ingenuità. Si attribuiscono a lei ed alla sua famiglia un tipo di linguaggio, un comportamento sociale ed uno stile di vita che, al momento, sono solo oggetto di ardite speculazioni. Perciò l’A. ci mette molta della sua fantasia, forse troppa per risultare veramente credibile: il romanzo sembra la trasposizione su carta de La guerra del fuoco di J.-J. Annaud, film degli anni ’80, gradevole, ma solo come fiction cinematografica non certo come documentario scientifico.
La narrazione delle vicende di Rose soffre del difetto opposto: si attarda troppo nella descrizione dell’accadimento minuto, del piccolo evento giornaliero, dei bisticci con colleghi e convivente, delle isterie della donna che non sa decidersi tra carriera e ruolo di madre in attesa, delle sue crisi di panico e di quelle depressive in un crescendo che trova il suo acme nella descrizione del travaglio e dei primi giorni post-parto. Quest’ultima parte, che nelle intenzioni dell’A. doveva essere la più intensa e partecipata e nella quale è facile leggere una preponderante componente autobiografica, il flusso narrativo si incarta e si avviluppa. Io, come lettore, mi sono presto stancato ed irritato, non riuscendo a trovare il giusto coinvolgimento nelle vicende di Rose.
Conclusivamente l’Ultima dei Neanderthal è un libro interessante, ma non eccelso. Ha il pregio di trasformare in romanzo avvincente quel poco che sappiamo di questi nostri “cugini di primo grado”, ma avrebbe tratto giovamento da uno stile narrativo più maturo e meno emozionale.
Per finire consentitemi un appunto, forse un po’ pignolo: la Cameron, canadese, nel descrivere l’ambiente in cui agisce Ragazza s’è presa la licenza di raccontare il suo Grande Nord. Cioè non ha tenuto conto che, nel Pleistocene, Europa ed America erano continenti ampiamente separati e le differenze della rispettiva fauna erano già piuttosto marcate: dubito che in Provenza si potessero trovare branchi di caribù (al massimo qualche renna) o che i salmoni risalissero il Rodano dal Mediterraneo dove li aspettavano numerosi i grizzly. Io ho sempre trovato i falsi storici piuttosto sgradevoli. Tuttavia ammetto anche che è un difetto piccolo, con un po’ di astrazione la cosa possa passa presto in secondo piano.