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Ogni vera passione è senza speranza
C'è una potente forza evocativa in questo romanzo dello scrittore ungherese Sandor Marai: 'le parole sono importanti' dirà uno dei due protagonisti, niente di più vero, soprattutto se quelle parole - pur nel 'silenzio' della lettura - fanno rumore, destano l'attenzione di chi legge e ne sollecitano l'immaginazione, come se agissero su un meccanismo nella mente che apre un sipario svelando scenografie così vivide e realistiche da sentirsi quasi parte di esse.
Ci si ritrova così a passeggiare tra le strade di Vienna, nel periodo in cui l'impero austro-ungarico era ancora nel pieno del suo splendore, e nelle orecchie le note irriverenti dei valzer nei locali che animano la vita notturna della città o quelle più sobrie dei pianoforti nei cafè sparsi per il centro.
O ci si lascia avvolgere dalla nebbia mattutina che ricopre come un manto i cortili dell'accademia militare, nascondendo all'occhio i viali alberati del vicino castello di Schönbrunn; quella stessa accademia dove Henrik e Konrad si sono conosciuti quando erano ancora bambini e dove hanno trascorso la loro adolescenza, educati alla nobile arte della guerra e all'obbedienza incondizionata verso la patria e l'imperatore.
Ma tra tutte, l'immagine più suggestiva, quella che rimane impressa a lungo negli occhi di chi legge, anche perchè copre buona parte di tutto il romanzo, si svolge nel salotto della dimora dell'ormai anziano generale Henrik dove, seduti su due poltrone dinanzi al fuoco crepitante di un camino, lui e Konrad ripercorrono con la memoria gli eventi occorsi tanto tempo prima, 41 anni per la precisione, sino al giorno in cui dopo una battuta di caccia proprio nel bosco intorno a quel castello, Konrad fugge per chissà dove abbandonando tutto e tutti.
Ora i due uomini si ritrovano l'uno dinanzi all'altro per il resoconto finale, per far emergere la verità, perchè quella fuga improvvisa ed inaspettata di Konrad ha cambiato la vita non solo dei due uomini ma anche di Krisztina, moglie di Henrik.
Krisztina purtroppo non c'è più, è morta qualche anno dopo la fuga di Konrad; ma anche se fosse viva, non è da lei che Henrik vuole la verità, una verità che già immagina, palesata dalla ragione ma rifiutata ed allontanata dal cuore.
E' il suo amico Konrad che gli deve delle spiegazioni, è un suo diritto, in nome di quell'amicizia che li ha resi inseparabili per tanti anni, un vincolo che sembrava più forte di qualsiasi legame di parentela, inviolabile nella sua sacralità.
"La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i grandi sentimenti destinati a durare una vita intera."
Ma quel giorno qualcosa si è spezzato in quel legame e, ancora peggio, si è portato dietro come una valanga tutto ciò che nella vita di Henrik sembrava ben ancorato ad un punto fermo, consolidato, eterno come sperava fosse il suo amore verso Krisztina.
E' stato il suo orgoglio, forse, l'eccessiva sicurezza di sè, l'istintiva risolutezza e presunzione, ereditario retaggio delle sue origini nobiliari, che l'hanno reso cieco e sordo ai segnali provenienti dal mondo in cui viveva, dalle persone a lui più vicine.
Poi invece è stato sufficiente il rumore attutito proveniente della canna di un fucile alle sue spalle durante una battuta di caccia ad aprire il baratro sotto i suoi piedi.
Ed era Konrad che impugnava quel fucile, da cui nessun colpo è stato mai sparato; ma 'non si pecca solo mediante le azioni, bensì mediante l'intenzione che ci spinge a compiere determinate azioni. L'intenzione è tutto'.
Anzi l'intenzione è più importante dell'azione, perchè l'azione è una semplice conseguenza che si esplicita nei fatti, ma la verità è nell'intenzione: 'Il fatto della tua fuga è facile da stabilire, il suo motivo no. Puoi credermi se ti dico che in questi quarantun anni ho preso in esame tutte le ipotesi che potessero aiutarmi a capire il perchè di quel tuo passo incomprensibile. Ma nessuna di esse mi ha fornito una risposta. Questa può darmela soltanto la verità.'
L'immagine dei due uomini che così si ritrovano uno di fronte all'altro è descritta dall'autore in modo sublime, una prosa vivace, ricca di eleganti metafore che spesso regalano momenti di inaspettata poesia.
Sullo sfondo il fuoco delle candele e del camino, all'inizio caldo, scoppiettante, ardente come il falò di sentimenti che sino a quel momento bruciavano nel cuore di Henrik: rabbia, sete di vendetta ma anche sconforto, solitudine e profonda amarezza.
E come il fuoco brucia durante la notte sprigionando tutta la sua energia, allo stesso modo Henrik libera i suoi pensieri, a lungo repressi in attesa di quel momento, di quell'incontro faccia a faccia.
Già, perchè in fondo Henrik non necessita di parole, per lui sono sufficienti i gesti, le espressioni del volto, persino i silenzi di Konrad per intuire la verità tanto temuta; Henrik ha già le risposte a tutte le sue domande, sembra un lungo monologo il suo, ma sono domande che dovevano essere fatte ad alta voce e non più soffocate nel suo cuore.
"La cosa peggiore è soffocare in sè le passioni che la solitudine ha accumulato dentro. Chi fa così non fugge da nessuna parte, non ammazza nessuno. Allora cosa fa? Vive, aspetta, mantiene l'ordine nella sua esistenza.
Aspetta e basta. Aspetta il giorno o l'ora in cui potrà discutere ancora una volta di tutto ciò che lo ha costretto alla solitudine con colui o con coloro che lo hanno ridotto in quella condizione."
Ma ora cosa gli rimane? Niente. Polvere, cenere.
Ha atteso per ben 41 anni quel momento, ha perso il suo migliore amico che vigliaccamente è fuggito ai Tropici, ha perso la moglie amata e si è rinchiuso nella solitudine del suo castello, tenuto in vita solo dal desiderio di scoprire un giorno la verità.
E la verità emergerà, lentamente, parola dopo parola, ricordo dopo ricordo: 'Tu mi odiavi.'
Ma ora che la vita di entrambi volge ormai al termine quale importanza può più avere?
"Il fuoco purificatore del tempo ha eliminato dalla memoria ogni traccia di collera."
E dagli stoppini anneriti si leva il fumo delle candele ormai spente.
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Commenti
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Perché enigmatico?
Anche a me il libro è piaciuto parecchio, e Marai è diventato uno dei miei autori preferiti. Bellissimo anche il finale nella sala del castello, con la vecchissima balia : lei gli fa il Segno della Croce, lui le dà un bacio : "come tutti i baci umani, anche questo (...) è la risposta a una domanda che non è possibile affidare alle parole". Così il cerchio mirabilmente si chiude.
Ho scoperto Marai per merito di una delle tre Laura presenti qui su Qlibri.. non riuscirò mai a distinguerle, anche perchè sono tutte impeccabili nelle loro recensioni..
quindi, per non sbagliare, le ringrazio insieme per l'ottimo consiglio di lettura.
Ho letto questo libro proprio pochi mesi fa ed è stata una lettura che mi ha molto colpita.
Leggerò sicuramente altro di questo autore!
P.S.: dunque, qui dentro c'è anche una terza Laura? :)
Però questa situazione va risolta una volta per tutte... bisognerebbe individuare un modo efficace per distinguervi..
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Elena