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Cecità
 
Cecità 2017-10-28 23:35:36 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    29 Ottobre, 2017
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Prova d'inciviltà umana

È raro trovare una copertina capace di illustrare in pieno il contenuto di un romanzo, così da catturare già da lontano il potenziale lettore, farlo avvicinare allo scaffale per la curiosità ed infine accompagnarlo nella lettura. Molti romanzi presentano copertine anonime o per nulla pertinenti alla storia, soprattutto se si tratta di volumi tradotti, ma la Feltrinelli ha fatto centro con “Cecità”.
Pur essendo molto semplice e delicata, la copertina rappresenta alla perfezione la storia che attende il lettore qualche foglio più in là; il bianco un po’ sporco di fondo per la vista annullata delle persone affette dal mal bianco, le figure nere in fila indiana a raffigurare gli anonimi protagonisti e la donna alla testa della fila altri non è se non la più sventurata tra tutti: l’unica dotata della vista in un mondo da incubo abitato da soli ciechi.
Il capolavoro di Saramago presenta una trama quasi fantascientifica, non fosse che il raziocinio viene ben presto messo da parte, sia dall’autore sia dai suoi personaggi. In un paese senza nome, un uomo diventa improvvisamente cieco e, in poco tempo, questa “malattia” contagia tutti coloro che gli stanno vicini, diffondendosi ovunque con un effetto domino. Come detto, non viene dato molto spazio ai tentativi di studiare le origini di questa strana epidemia, se non le ricerche fatte da un oculista nei primi capitoli.
Se da un lato la scienza sembra inerte, non lo è almeno in un primo momento il governo, che subito tenta di arginare il problema rinchiudendo in un manicomio tutti i contagiati ed i potenziali tali. Qui si (ri)trovano a convivere forzatamente i protagonisti, rimanendo comunque celati alla vista del lettore, che su questo aspetto è cieco quanto loro: di nessuno sappiamo infatti il nome né l’aspetto, se non per qualche dettaglio marginale, e abbiamo giusto un paio di informazioni riguardo il loro passato.
Pur privato dei dati basici sui protagonisti, che è costretto ad identificare con appellativi come “la ragazza con gli occhiali scuri” o “il vecchio con la benda nera”, il lettore finisce per affezionarsi a loro e a preoccuparsi per la loro sorte.
La decisione del governo ha conseguenze estreme: ormai abbandonati a se stessi, i ciechi danno vita ad una società primitiva in cui ognuno si preoccupa innanzitutto del proprio benessere, mentre si vanno perdendo prima la razionalità e poi le relazioni. In questo neonato stato nello stato, si evidenziano due estremi: da un lato chi tenta di imporre un dominio tirannico, dall’altro l’affettuoso rapporto tra una giovane ragazza ed un bambino rimasto orfano a causa della cecità.
Proprio questa cecità permette di analizzare gli aspetti peggiori di un’umanità mutilata in una sua abilità imprescindibile: si perdono igiene e decoro, e neppure il lato “positivo”, ossia l’impossibilità di vedere direttamente fino a quali bassezze si può arrivare, riesce a dare un po’ di calore al bianco abbacinante. A mio avviso poi, la cecità è perfetta per l’ambientazione contemporanea, ma poteva essere rimpiazzata da un’antica peste o da una futuristica apocalisse zombie.
Per quanto riguarda lo stile, devo confessare che questo è il mio primo approccio a questo autore e mi ci è voluto qualche capitolo per apprezzare la particolare narrazione; Saramago utilizza esclusivamente il discorso indiretto libero ed è spesso necessario rileggere le battute dei personaggi per comprenderle al meglio. Altra particolarità di questo romanzo è la presenza di moltissimi proverbi nel testo e la narrazione che ricorda una cronaca in diretta commentata.
I temi trattati da Saramago sono vari e spaziano dalla riflessione sui sentimenti umani, ai limiti della civiltà contemporanea, a riferimenti religiosi: da un certo punto di vista, quanto accade ai protagonisti e agli altri ciechi potrebbe essere interpretato come una prova alla quale un Dio rapido all’ira ha scelto di sottoporre l’intera umanità, con il conseguente, irrimediabile fallimento di quest’ultima.
Ovviamente, Dio è facile anche al perdono, ma questo non riesce a cancellare dalla nostra mente il messaggio di fondo: sono proprio gli elementi che ci definiscono come esseri civili a poter diventare il principio della nostra rovina.

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