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Fata turchina, ti prego....
“Fata turchina, ti prego, fammi diventare un bambino vero”. Sono queste le drammatiche parole di David, il bambino-robot, protagonista del film di Spielberg “AI - intelligenza artificiale” ed è a questo film, con tutti i dovuti distinguo, che fa pensare il bel romanzo di Ishiguro “Non lasciarmi”. Film e romanzo hanno infatti alcuni temi in comune, primo fra tutti quello della autoregolamentazione della ricerca scientifica, che pur nella legittima e auspicabile corsa verso il progresso non può ignorare i limiti che l’etica impone per non degenerare e generare mostri. Secondo, non meno importante, quello dell’esistenza di un’anima che condiziona la vita, i sentimenti e i rapporti umani.
Nel romanzo di Ishiguro seguiamo le vicende di tre giovani, Kathy, Thommy e Ruth, cresciuti e educati in un collegio, Hailsham, immerso nella campagna inglese. La voce narrante è quella di Kathy, che solo poco alla volta svela al lettore, anche attraverso un linguaggio specifico, tecnico, di condividere con i suoi compagni e amici una realtà del tutto particolare e insolita: essi sono dei cloni, creati su dei modelli, definiti “possibili”, per divenire donatori di organi. Al collegio e ai suoi insegnanti è affidato il compito di educare questi giovani oltre alle consuete discipline, anche all’arte, alla musica, alla pittura. In realtà essi crescono nell’ignoranza della sorte che li attende. E’ la mancanza di radici ciò che colpisce immediatamente, l’assenza di un affetto materno, fondamentale nella crescita di ogni individuo. E’ la stessa mancanza che porta il piccolo David di Spielberg a cercare disperatamente la fata turchina che lo trasformi, come Pinocchio, in bambino vero, la sola condizione che lo renderà accettabile agli occhi della mamma. Nel romanzo di Ishiguro non è esplicitamente sottolineata questa assenza di affetto materno, ma lo stesso fatto che i cloni sono sterili, mette l’accento sulla provvisorietà delle loro esistenze, portate avanti senza legami stabili. Tuttavia in questa crudele condizione umana, tra i giovani di Hailsham si stabiliscono vincoli affettivi profondi, e si riproducono tutte le condizioni che segnano la vita quotidiana del genere umano. L’amore si radica profondamente nell’animo di questi esseri, che, tuttavia, nel momento della presa di coscienza, se ne separano, ormai consapevoli di una impossibile realizzazione nel futuro, visto che il ciclo di ognuno di loro si concluderà in breve tempo, un tempo che fugge con inesorabile crudeltà .
Siamo dunque nuovamente di fronte al quesito se sia possibile scindere la sfera spirituale e sentimentale da quella fisica, se sia accettabile un progresso che porti alla creazione di esseri, che siano artificiali, o riprodotti da cellule umane, dotati di sensibilità e sentimenti. La risposta non può che essere sempre la stessa. Il progresso e la ricerca non possono essere arrestati. Fatti non fummo a viver come bruti, a condizione di seguir la “conoscenza” senza ignorare la “virtute”.
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Elena
Felice, comunque, di tornare alle pagine, altre, dello scrittore anglo-giapponese.
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