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Addie e Louis, Jane e Robert
Fa sempre discutere la realizzazione di un film la cui sceneggiatura sia tratta da un celebre romanzo. È l’immagine contro la parola, la parola contro l’immagine. Non c’è dubbio che il cinema agevoli la fruizione di un’opera, con la sua immediatezza e con il fascino degli attori. Ciononostante il potere dell’espressione verbale è di gran lunga superiore quando si tratta di un grande scrittore che affida alla parola storie, pensieri e riflessioni che possono eventualmente essere penalizzate dal “movimento” cinematografico. Si, perché il cinema, anche il più statico, è pur sempre movimento. Non a caso gli anglosassoni lo chiamano “movie”.
Ora il bel libro di Kent Haruf, “Le nostre anime di notte”, racconta una storia originale e delicata, che si dipana intorno a due personaggi principali, Addie e Louis, che vivono anche loro a Holt, cittadina immaginaria del Colorado, come i protagonisti della trilogia. Il tema centrale del romanzo è sicuramente il tempo, con la sua velocità e la sua lentezza, con il suo inesorabile scorrere verso una meta senza ritorno. E il tempo è quello che scandisce i giorni della vecchiaia di Addie e Louis, come i giorni dell’infanzia di Jamie, e quelli degli errori di Gene e Holly. Il peso degli anni fa sì che Addie e Louis pur nella loro naturale lentezza fisica, si affrettino a vivere e a godere di quelli che considerano ormai gli ultimi giorni della loro vita, quasi con frenesia, consapevoli dell’opportunità che offre loro ancora una volta la vita. Avvicinarsi, condividere e colmare il vuoto delle loro vite, li induce a sfidare le maldicenze della gente, scettica sulla reale possibilità di trascorrere insieme delle ore a raccontarsi la propria vita, i propri errori, i rimpianti, senza pensare al sesso. Anche qui il tempo è inesorabile, perché non concede di portare indietro le lancette, di correggere ciò che si è sbagliato. E la solitudine, quella stessa solitudine che Addie e Louis cercano consapevolmente di colmare, affligge l’animo del piccolo Jamie, e accentua l’arroganza e l’egoismo di Gene.
Ancora una volta Haruf è riuscito a incantare il lettore con la sua prosa semplice, densa di contenuti profondi, a tratti malinconica: “ Ci divertiremo un sacco a parlare, eh? Disse lei.
Anch’io voglio sapere tutto di te. Non abbiamo fretta, disse lui.
No, prendiamoci tutto il tempo che ci serve.”
Ecco, Addie e Louis cercano di fermarlo il tempo, quanto basta per vivere un’illusione.
Difficile esprimere con la stessa delicatezza e con la stessa efficacia queste espressioni e questi sentimenti attraverso l’immagine, anche se certamente i volti di Jane Fonda e Robert Redford sono perfetti per questi personaggi, superato un certo sforzo per non vederli ancora correre a piedi nudi nel parco.
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