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Occhio di gatto
 
Occhio di gatto 2017-10-12 15:10:59 68
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
68 Opinione inserita da 68    12 Ottobre, 2017
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Incertezza protratta e ricerca di un senso

Nella vita reale Elaine svolge quello che considera il mestiere di pittrice, con una certa fama raggiunta, e ritorna a Toronto per una retrospettiva organizzata in suo onore, una città maligna, invidiosa, vendicativa, implacabile e che sente di odiare.
Forse un po’ le somiglia, lei che dall’ età di otto anni ha vagato per il Canada con genitori e fratello, vivendo da nomade, desiderosa di amicizie che non ha mai avuto perché non si è mai fermata in un posto. Poi finalmente una casa per una ragazzina che ha trascorso il suo ottavo compleanno in un Motel, anche se somiglia un po’ ad … “ una rovina di guerra in una laguna di fango “...
Un timbro da sempre marchiato sulla pelle, quella sensazione di essere niente e circondata da niente, d’ improvviso si colora della parola amicizia ( in primis per Carol) e di tutti quei desideri finora sottratti.
Anche Cordelia può considerarsi un’ amica, ma da subito assume tratti persecutori, mettendola di continuo alla prova fino ad una sensazione di rottura evidente.
Partenze e ritorni l’ hanno segnata da sempre insieme a tutti i sentimenti contrastanti che ne hanno determinato l’ essenza.
Oggi, ripercorrendo le strade cittadine, i ricordi riemergono in una gelida forma terribilmente confusa, tra suoni artefatti e figure indistinte, echi lontani e rumori silenti.
Elaine pare una sonnambula che attraversa le cose della vita in un viaggio che alterna e confonde passato e presente. Sin da bambina è divenuta una creatura estranea ed apprensiva, con il terrore di sbagliare, di continuo osservata, scrutata, controllata.
La sua famiglia mantiene uno strano controllo, tutto è spiegato in anticipo, lei ha imparato a scrutare, protetta dal potere di un occhio di gatto. In fondo sa di non essere buona, ma vendicativa, avida, subdola ed astuta.
Cordelia è sempre stata lì, ad aspettarla, alternando gentilezza a malignità con qualche pausa di indifferenza ed è stata lei a farle credere di non valere niente. Ma poi, in un inaspettato capovolgimento, la vittima, miracolosamente scampata agli eventi, diviene carnefice chiarendo nel tempo di avere cercato la sola vendetta.
A parti invertite il proprio passato appare bizzarro solo a distanza di anni, non quando lo si vive, e allora ritorna quella scuola dove stava una volta, dove sta ancora e da dove non è mai andata via.
Guarda dentro l’ occhio di gatto e ci vede tutta la propria vita. Perché niente è realmente cambiato ed il tempo si è protratto indistintamente. Ecco quella pelle strappata dalle dita, scivolando da parte, fuori dal proprio corpo, le persone svanite senza avere la forza di guardarle ne’ di ascoltarle, tutto improvvisamente scomparso, come i nomi di coloro che in fondo si conoscevano appena.
Che cosa è reale e che cosa immaginario, possibile verità o verosimiglianza? Sensazioni oniriche e trasparenti contrapposte alla spinosa realtà in un giuoco di specchi, nessuna certezza evidente. Un respiro di caducità e di sofferenza protratta, con la denuncia di palesi ingiustizie ed umana noncuranza.
Un testo tortuoso, di digestione complessa, che riporta al contatto con il mistero del se’ più profondo. Una Atwood un poco diversa, probabilmente non all’ apice del proprio mostrarsi, comunque sempre degna di una attenta lettura.

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