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FUORI FUOCO
Sarò una voce fuori dal coro, anzi senza dubbio, in quanto leggo solo recensioni di lettori sopresi e appassionati e innamorati di questo romanzo definito dai più un capolavoro.
Le mie aspettative erano altissime però purtroppo devo dire un po’ deluse; ho trovato un romanzo fuori fuoco, non centrato, una trama piuttosto piatta un po’ come la vita del nostro Stoner. Non posso dire che non mi sia piaciuto piuttosto che mi abbia lasciato un po’ indifferente.
Stile scorrevole sicuramente, senza guizzi però che rispecchia in questo perfettamente la vita di un professore in ombra, come se fosse l’unico in bianco e nero in un mondo pieno di colori. Capisco la voglia di raccontare la normalità e capisco chi dice che la normalità va apprezzata e santificata, ma credo che qui siamo di fronte ad una vita al di sotto della normalità. Per me la normalità è bella, è vita, è gioia, nella vita di Stoner non vedo niente di tutto ciò. Un uomo-vittima fondamentalmente, che si accontenta di un amore a metà, che forse è anche meno della metà, cercato e voluto senza una ragione di fondo perché mai ricambiato, di essere padre a metà subendo scelte della moglie, perdendo il diritto di ruolo di guida per la vita della figlia che chiaramente subisce tutte le conseguenze crescendo con una profonda ferita dentro che si riflette nelle scelte superficiali e subite che si trova a fare. E’ per questo che non sono entrata in empatia con questo personaggio perché nel suo non fare e non decidere è responsabile di tutti fallimenti suoi e delle persone che in teoria ama e lo amano. Per non parlare della povera Katherine che forse è l’unica che dà un pizzico di vitalità alla vita ordinaria del professore e che ne rimane comunque scottata.
In fondo anche il suo essere diventato un professore è capitato quasi per caso, l’ennesima scelta non fatta.
Forse l’unico aspetto di resistenza lo si ritrova nel suo annoso e faticoso braccio di ferro con Lomax e la difesa della purezza dell’indipendenza del giudizio di un professore verso un suo alunno senza piegarsi a direttive che provengono da ranghi accademici superiori. Ma quanto poi si possa parlare davvero di resistenza in difesa di un principio solido non riesco a dirlo con certezza, potrebbe essere più la volontà di non transigere ad una regola stabilita, muoversi nel solo terreno conosciuto; la stessa cosa vale per la decisione di non andare in guerra probabilmente non per un principio pacifista, che chiaramente sarebbe solo che da apprezzare, quindi in un senso di rivolta, ma per paura di lasciare la strada vecchia per la nuova.
Ecco sono questi in sintesi i motivi per cui non provo particolare simpatia per Stoner, non sono entrata in empatia, nonostante è chiaro che durante la lettura varie volte ho pensato “ma povero!”, però non ho sofferto per lui e con lui, ma anzi spesso mi sono ritrovata indispettita, volevo dirgli “ma forza dai, rispondile, fa qualcosa, non puoi permetterlo!”.
Detto ciò, è una lettura che comunque consiglio in quanto scorrevole e tutto sommato piacevole e poi un romanzo considerato da così tante persone un capolavoro va letto.
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