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Sul far della sera
Il crepuscolo è quel momento della giornata in cui la luce è appena accennata nel cielo: è il momento che coincide con l’alba o che è appena successivo al tramonto, è il breve spazio tra il giorno e la notte, e, metaforicamente, tra la vita e la morte, simbolo d’una lieve speranza. Con questo termine carico di significati e suggestioni, Fabio Cremonesi ha tradotto il titolo dell’ultimo romanzo della trilogia di Kent Haruf “Eventide”. Per meglio comprendere la scelta di questo termine sia da parte dell’autore che del traduttore, è utile fare riferimento a una intervista di Luca Boldrini a Fabio Cremonesi che così si esprime riguardo al titolo del romanzo: “Eventide significa crepuscolo, ma è un termine ancora più alto; ha una forte connotazione religiosa, oltretutto, perché è il titolo di un inno molto conosciuto dai cristiani americani, e in questo senso si avvicina il termine crepuscolo all’idea di fine vita.” Ed è effettivamente all’inno “Eventide – Abide me” scritto da H.F.Lyte e musicato da W.H.Monk che Cremonesi si riferisce.
D’altra parte la componente spirituale e religiosa è costantemente presente nell’opera di Haruf, come si è visto sia in “Canto della pianura” che in “Benedizione”.
Ancora una volta ci troviamo a Holt, questa piccola cittadina immaginaria del Colorado, in cui la vita scorre con i ritmi rallentati tipici della campagna, dove le ore di una giornata sono scandite dai doveri pastorali e dagli obblighi casalinghi. Qui la vita del singolo si intreccia con quella del vicino, la sorte dell’uno è parte integrante della vita dell’altro, come nel caso di Raymond soccorso e aiutato da Guthrie e da Maggie. Quelle che sembrano banali vicende quotidiane sono raccontate con un realismo che rende sorprendentemente interessante la lettura, perché in fondo è la vita dell’uomo qualunque che viene descritta come se fosse stata vissuta dallo stesso autore. Né Haruf trascura alcuni dei temi che più affliggono la società moderna, come le violenze sui minori e gli atti di bullismo tra i giovani.
Ma su tutto prevale quel drammatico senso di solitudine che ognuno cerca di superare come meglio può, a volte aggiungendo errori ad errori, perché l’uomo non è mai pronto ad affrontare il silenzio d’una casa o il buio di stanze non vissute.
Eppure al di là delle difficili prove alle quali la vita sottopone ogni singolo individuo, si apre talvolta uno spiraglio di luce, non importa se sia al tramonto della vita e non all’alba, quella leggera luce porta con sé una speranza, anche se è una speranza non priva di illusione.
Con spirito laico mi piace riportare il testo dell’inno “Eventide – Abide me”:
1. Resta con noi il giorno ormai declina, resta con noi e avremo la tua pace.
Sola speranza nella nostra vita, resta con noi Signore, resta con noi.
2. Dono d’amore, pane che dà vita, ospite dolce di chi crede in Te.
Luce e conforto all’esodo dell’uomo, resta con noi Signore, resta con noi.
3. Rifiorirà in Te la Creazione, nel grande giorno della tua venuta.
Verrà quel giorno aurora senza fine, immensa gioia per l’eternità.
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Commenti
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Molto bella la spiegazione sul titolo , il riferimento a quello originale aiuta il lettore a porsi di fronte al libro, che sta per iniziare, con uno spirito di più intensa attesa.
Hai fatto benissimo a riportare i versi del Canto. Grazie.
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