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Il tempo non dimentica.
Ho scelto questo libro quasi per caso, dovevo farmi 10 ore e mezzo di aereo e così mi serviva un libro corposo e scorrevole che mi impegnasse un pò di tempo. Dopo aver letto alcune recensioni di altri libri mi imbatto in questo e vengo subito colpito dal fatto che l’autrice, proprio grazie a questo romanzo, ha vinto il premio Pulitzer nel 2011. Il romanzo viene presentato come “avvincente e sperimentale”, visti quindi i vari elogi che leggo subito dopo mi convinco e lo vado ad acquistare. Premetto che prima di questo libro non conoscevo Jennifer Egan, mai sentita, ma dopo averlo letto ha senza dubbio conquistato un posto tra la squadra “scrittori da tener d’occhio”.
Il romanzo non è per nulla facile, anzi è strutturato tramite continui flashback e flashforward che ci fanno non solo viaggiare in epoche diverse (si va dagli anni 80 ai futuri anni 2020) ma soprattutto ci cambiano la voce narrante e i personaggi secondari. A seconda di chi parla logicamente anche il modo di scrivere cambia di conseguenza, si va da una scrittura più limpida, scorrevole e grammaticalmente elevata ad una più diretta, discontinua, imprecisa. L’apice lo si raggiunge in quello che secondo me è stato il capitolo più esaltante, e cioè quello che da voce ad un’adolescente che, invece di usare la classica scrittura su diario per raccontare la sua vita, usa delle slide. Ecco così che improvvisamente il libro che stiamo leggendo si trasforma, non va più tenuto e letto in verticale ma va girato in orizzontale, e si parla di musica, più precisamente delle pause, dell’importanza delle pause.
Il contenuto è logicamente vario, così come la scrittura richiede, e così ecco che passiamo dall’essere un vecchio pescatore alcolizzato ad un manager di una casa discografica a due giovani groupies in cerca di gloria. Ogni personaggio però è collegato con qualcosa che abbiamo già letto, o che magari leggeremo nelle pagine successive, è qui infatti il cuore del racconto, quello che poi da il titolo al romanzo: il tempo. Che, come scopriremo alle fine, è un bastardo, ma non sempre.
Insomma un libro che non solo mi è piaciuto moltissimo per come è scritto, ma anche per quello che dice, ci ricorda che il tempo a volte può essere crudele, ma in generale è sempre galantuomo e non dimentica mai. In conclusione, gli elogi che ho letto erano tutti meritatissimo a mio avviso, ed anche il premio Pulitzer. Se cercate una lettura diversa dal solito, particolare, ma anche profonda e riflessiva, non potete farvelo scappare.
Un ultimo consiglio: non cercate di collegare le varie storie mentre leggete il libro, perdereste solo tempo, arrivate fino alla fine e poi traete le vostre conclusioni.