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La maledizione dello stiletto
Come lettrice, ho ricavato una lezione importante dalla lettura di questo romanzo: quando ci si deve approcciare ad un nuovo autore, è più saggio cominciare dalle prime opere, se si desidera evitare una delusione in seguito. Infatti, per quanto “La cruna dell’ago” sia un romanzo storico molto godibile, le mie aspettative rispetto a Follett sono state disattese, dal momento che avevo già letto sue opere più recenti (e quindi più mature, dal punto di vista stilistico) come “La caduta dei giganti”, primo volume della famosa “Century Trilogy”.
Come già detto, ci troviamo di fronte ad un accurato romanzo storico -seppur ci si focalizzi su un potenziale what-if- che al contempo riesce a sviluppare una trama degna di un vero thriller.
Al lettore vengono illustrati in parallelo tre storie concentrate su altrettanti protagonisti: Godliman è un cacciatore di spie al servizio dell’MI8, incaricato di catturare lo sfuggente “Die Nagel”, l’unica spia tedesca che potrebbe rovesciare le sorti della guerra; Lucy sembra essere una donna comune, ma saprà sfoderare all’occorrenza delle risorse inaspettate; Faber aka “Die Nagel” è infine il vero protagonista dalle storia, sebbene anche definirlo un anti-eroe sembra un eufemismo nel suo caso.
Rispetto alla gran parte dei romanzi ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, qui c’è un focus molto limitato sui disagi sofferti dalla popolazione civile, e quasi non si parla di patimenti concreti. Altra differenza si riscontra in una sorta di rovesciamento dei ruoli tra l’agente nazista per cui confesso di aver fatto il tifo in gran parte degli scontri, e gli esponenti dell’Intelligence inglese (ma anche David, il marito di Lucy), che dal punto di vista storico dovrebbero essere gli eroi, ma seppur “buoni” non riescono a catturarsi le simpatie del lettore.
La scrittura evidenzia come Faber sia il favorito anche dall’autore: le scene in cui entra in azione sono molto adrenaliniche e, a mio giudizio, le più coinvolgenti, oltre ad essere utili per mostrare come la spia non sia un semplice soldato, ma una figura ben più eclettica.
La vera eroina della storia di rivela essere Lucy, con la sua determinazione nel proteggere il figlio Jo in ogni frangente. A dispetto del risvolto finale, non si può fare a meno di rimanere coinvolti nella sua relazione a dir poco inusitata con Faber; se da un lato abbiamo una sorta di attrazione che lega i due in modo inconfutabile, dall’altro non è possibile dimenticare l’abisso che li separa.
Per quanto riguarda i comprimari, non mi resta che lodare la capacità di Follett di dare vita con poche frasi a personaggi interessanti e credibili, caratteristica fondamentale in un romanzo storico.
Ho molto apprezzato anche i validi intrecci con reali figure storiche, sebbene quasi sempre introdotte in capitoli separati; come non menzionare inoltre le descrizioni introduttive, tra le quasi si fanno indubbiamente notare quelle dei paesaggi dell’Isola della Tempesta.
Come premesso, ci sono però degli elementi meno positivi che un po’ mi hanno deluso, viste le grandi aspettative sull’autore. Ho trovato fastidioso il continuo cambio di POV all’interno dei capitoli, che non permette di focalizzarsi su un personaggio in particolare; le indagini di Godliman appaiono spesso irrealistiche per i suoi colpi di fortuna e le intuizioni casuali.
Il difetto peggiore si riscontra però nell’epilogo del romanzo: del tutto inutile e troppo buonista rispetto al tono dei precedenti capitoli.
Vorrei infine rivolgere un appello (di certo, non ascoltato) alla Mondadori perché decida dopo quarant’anni di aggiornare la traduzione del volume, nonché di limitare un po' la fantasia al momento di scrivere le sinossi introduttive.