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Contraddizioni e disincanto
Questo non è il racconto di uno stupro, ma solo una storia "che inizia" con uno stupro: il romanzo infatti si apre con una violenza sessuale appena consumata.
Lei, Michèle, è a terra tumefatta, coi vestiti strappati, la guancia graffiata e il corpo violato...lui, passamontagna in testa, è già andato via.
Lei non piange, non si dispera, non si lamenta...si alza, chiude la porta e si fa un bagno caldo.
Il personaggio di Michèle è una figura molto complessa, forte e fragile, sfuggente tanto quanto il suo aggressore e tutti coloro che le ruotano intorno.
Donna sotto la cinquantina, in carriera, con un ex marito frustrato di cui è ancora gelosa, un figlio venticinquenne che vuole riconoscere un bambino non suo, un amante che non desidera più, una madre ritocchino-addicted e un padre che marcisce in galera da trent'anni per un crimine aberrante.
È una donna che ha raggiunto una buona consapevolezza di sé (anche nelle sue contraddizioni), che non si sente in dovere di spiegare ogni cosa, di spiegare se stessa, che non intende fare la guerra a quella parte di sé che non conosce ancora.
La accetta, la lascia vivere...anche a costo di farsi del male.
Perdono negato, amicizia tradita, maternità mancate e maternità per caso, convivenza con i demoni ricevuti in eredità, perversione...non esistono buoni e cattivi, niente giudizi morali, non esiste salvezza in questo romanzo disincantato...e non c'è un solo rigo permeato da facile pietismo, non c'è compassione per nessuno, solo tanta tanta lucidità.
Djian riesce con pochi tratti a caratterizzare benissimo tutti i personaggi (e non sono pochi), a metterli a nudo soprattutto nelle loro debolezze e a mostrarci come ognuno di loro conviva con un suo doppio, con quella parte di sé che, per quanto inaccettabile, esiste.
È un romanzo dinamico, in movimento, non ci sono pause nella narrazione, niente capitoli, niente paragrafi, neanche un'interlinea per respirare un attimo...è un unico fiato che non dà tregua.
E lo leggi così, senza soluzione di continuità.
Mi è piaciuto moltissimo, nonostante si percepisca in modo eclatante che dietro le parole di Michèle, che è l'io narrante, ci sia uno scrittore uomo.
Ma Djian ha dichiarato di non essere interessato alla verosimiglianza, quanto al desiderio di raccontare storie crudeli sostenute da una buona scrittura.
Beh, allora questo romanzo è perfetto così com'è.
E la sorpresa più grande è stata quella di scoprire, solo a lettura ultimata, che da questo romanzo è stato tratto il film "Elle" con Isabelle Huppert.
La visione adesso è obbligatoria.