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Il settimo giorno
 
Il settimo giorno 2017-09-09 13:30:24 68
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68 Opinione inserita da 68    09 Settembre, 2017
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Dolcezza e profondità post mortem

“ Vai, le foglie ti chiamano, i sassi ti sorridono e l’ acqua del fiume ti saluta. Non ci sono ricchi ne’ poveri, non esiste sofferenza ne’ dolore. Niente vendetta, niente odio… I morti sono tutti uguali. Che posto è ? La terra di chi non ha sepoltura. “


Tutto ciò che ormai è morto si ravviva nel ricordo e nella speranza di un ricongiungimento con i propri cari. Yang Fei e’ in coda, in attesa della propria cremazione senza sapere quando, come e quale è stato il momento dell’ avvenuto trapasso.
Vagherà per sette giorni …” in una città fantasma, che appare e scompare, coperta da una spessa coltre a rendere indistinguibile ed imperscrutabile il giorno e la notte, la sera e la mattina “…. Anche la neve e la poggia scendono silenziose, quasi fossero morte anche loro. Quale il confine tra sogno e realtà?
Vagabondando in una linea sottile tra vita e morte, in attesa di una tomba e di una sepoltura, senza nessuno che si dia pena per lui, portando al braccio il segno del proprio lutto, riaccoglierà sprazzi di memoria ripercorrendo momenti di vita vissuta.
Ecco l’ istante della sua nascita, abbandonato per semplice casualità su … “ quei binari che paiono raggi di luce, mentre la neve brilla “…., ricercando se stesso ed il proprio amato padre, suo salvatore, con il quale condividere una vita così lunga eppure così veloce nel ricordo.
Ed allora continua a perdersi inseguendo le proprie tracce ed una sorte indirizzata ad interminabili sofferenze ( il ricongiungimento tardivo con la madre biologica, un matrimonio perfetto sfumato inseguendo il proprio egoismo ).
I pensieri galoppano verso il caos del mondo, quella realtà così orribilmente cruda, una vita coperta di detriti di cemento, di demolizioni forzate ed espropri violenti mentre funzionari corrotti, ladri, spreconi imperversano ed i media scatenano cinismo ed amoralità.
Rivede in TV il proprio imbarazzo e quel sorriso forzato, cercando di uscire dall’ intrico dei ricordi come da una foresta fittissima mentre le sue gambe continuano a camminare nel nulla e nel totale silenzio, vagabondando senza pace, senza urna e senza sepoltura.
Ecco volti più o meno conosciuti, alcuni ignoti, che riaccendono i ricordi e quello che è stato, ma ormai conta riavvolgere i propri sentimenti per ricostruire altre storie, ricongiungere affetti smarriti e ritrovare quelli a se’ cari.
La vita ha abbandonato Yang Fei, e gli incontri avvenuti nel supermercato della attesa crematoria non servono che a riannodarne i fili, auspicare un perdono, evidenziarne e comprenderne i lati oscuri, donare ai suoi cari ed ai semplici conoscenti una degna sepoltura.
Il dramma vissuto nella generale indifferenza, nella spietata logica consumista e nella corruzione della Cina della modernità ha coinvolto, senza lasciare scampo, innocenti, ignari, conoscenti, gli affetti più cari, se stessi, accompagnandoci in un viaggio negli inferi danteschi con un ribaltamento conclamato, laddove la nefandezza del reale finisce per riacquisire senso ed umana ragionevolezza, oltre che accorato sentimento, solo nell' aldilà.
Questo nostro mondo, il reale, è il solo vestito di vera “ morte “, e continua a coprirsi di solitudine disperante, mentre anche da defunti vengono recapitate urne con le ceneri di qualcun altro. La vita, con oniriche eccezioni, sovente precipita nell’ ansia, dimenticati, ignorati, quando non colpevolmente assassinati da indifferenza ed ignoranza, oltre che da una criminalità imperante e statalizzata, e solo da morti ci si ricongiunge con i propri cari, per sempre.
Ma ormai è tardi e così il proprio padre versa …”le lacrime dell’ uomo canuto per chi non ha ancora i capelli bianchi “… e si rimpiange un passato in cui sarebbe bastato poco, una parola, uno sguardo, un cenno del capo, a scongiurare altro.
Yu Hua ci consegna un viaggio della morte estremamente vivo, in cui i sentimenti, spogliati di un mondo di relazioni avariate, fallimentari ed estinte, riacquistano un senso ed una semplice verità, la profondità di relazioni umane autentiche.
Quello che sembra essere solo un incubo ed un percorso senza speranza si colora di poetica bellezza, soave naturalezza, curiosità ed autenticità, cruda verità a denuncia di un reale deviato e perverso.
Tra sottile ironia, situazioni paradossali, cruda e nauseabonda verità, riemerge una senso primario, la ricerca di una origine ed identità che recuperi relazioni ed affetti ma anche oggettività ed accadimenti reali in un viaggio della conoscenza che attraversa sogno e memoria, paradossalmente dando un senso e un valore alla vita proprio quando essa è venuta meno e riconsegnandola ad una verità originaria.

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