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AZ IGAZI
“Az igazi (“quello giusto”con valore neutro) era intitolata la prima versione - apparsa in Ungheria nel 1941- di questo testo, e solo due erano le voci che narravano il triangolo amoroso attorno a cui ruota la vicenda. Per l’edizione tedesca del 1949 Márai aggiunse il terzo monologo che, rielaborato nel 1980, fu dato alle stampe insieme all’epilogo. ..”
L’edizione Adelphi presenta il romanzo nella sua integralità e la nota iniziale è doverosa onde evitare di tacciare il romanzo quale dispersivo, disorganico, prolisso, qualità invero che gli sono proprie ma che non lo connotano affatto. A mio parere occorre semplicemente tenere conto della genesi su riportata e della volontà dell’autore. È insomma un romanzo che vive di giustapposizioni ma che al contempo si nutre di una sua funzionale economia interna seppur con qualche criticità che lo scalza dal podio del capolavoro. Leggerlo è doveroso perché fonte inesauribile di riflessioni, non tutte condivisibili, a dirla tutta, la mia edizione è diventata un prototipo di libro orecchia, diciotto su quattrocentoquarantuno pagine, equamente distribuite nelle quattro sezioni. Si tratta in breve di diversi punti di vista su una medesima vicenda, ne veniamo a conoscenza mediante il racconto che i protagonisti fanno ai loro interlocutori in un dialogo che vira al monologo, uno degli interlocutori diviene poi a sua volta il narratore dell’epilogo.
Una prima moglie, un marito, una cameriera, un musicista; rispettivamente la storia di un matrimonio, di una passione sopita, di una scalata sociale, e del succo di tutta la storia.
Marika appartenente alla borghesia ungherese sposa Peter e si dedica a lui, brillante borghese amante della cultura e dei libri; si accorge che lui non le appartiene completamente nello spirito; scopre che vive una tensione irrisolta avendo pensato in gioventù di poter abdicare al suo ruolo sociale inseguendo la pulsione che lo spingeva verso la giovane cameriera proletaria giunta dalla fossa di famiglia dove era uso coltivare meloni. Marika tenta di salvare il suo matrimonio nonostante sia minato anche dalla perdita del loro figlioletto , senza riuscirci; ama il marito ma è condannata a non riuscire a vivere con lui: “Amare non è sufficiente”e non solo … non esiste nemmeno la persona giusta, tanto meno può esserla quella a cui noi tributiamo il nostro amore, ogni persona è bene e male, possiede un pizzico del giusto che andiamo a cercare, non esiste la persona che ci può dare quella felicità totale alla quale agognamo.
Peter è invece un uomo schiacciato dalla sua identità sociale; è ricco, ligio al dovere, irrisolto, tendenzialmente solitario, costretto alla vita sociale, imbrigliato e vigliacco. Prima del matrimonio è incapace di assecondare la passione per la giovane cameriera Judit Áldozó, : “all’epoca ignoravo tante cose, ad esempio che quando un essere umano obbedisce alla legge del proprio corpo e della propria anima non è mai ridicolo.”. Fallito il primo matrimonio finalmente la sposa ma lei si rivela altra persona, fallisce presto la loro unione. Lui matura una visione distruttiva dell’amore: “Amare significa semplicemente conoscere appieno la gioia e poi morire.”
Judit Áldozó è una giovane proletaria, a Budapest conosce un altro mondo fatto di pulizia, profumi, modi gentili, ossessioni e nevrosi incomprensibili, ricchezza materiale ed estrema povertà d’animo. Si spaventa, si difende ma progressivamente si fa fagocitare da quel mondo fino a divenire una signora anche lei pur non tradendo mai la sua vera essenza plasmata dall’ estrema povertà delle origini. Sposa Peter e lo annienta. Il suo monologo appare stridente e perfettamente contrapposto a quello della prima moglie: Marika ha vissuto l’amore, quello vero pur fallendo nel vincolo matrimoniale, Judit si rappresenta invece nel suo squallore umano, incapace di amare.
L’epilogo è affidato al musicista che entra in contatto con lei dopo il suo trasferimento a Roma e narra la sua storia a Peter stesso anch’egli fuoriuscito dall’inferno ungherese dopo l’assedio di Budapest e l’avvento del regime comunista. Questa sezione come parte del monologo di Judit dedicano ampio spazio alla rappresentazione dell’orrore della città assediata, i ponti divelti , Buda e Pest separate , il terrore del regime; appaiono dunque slegati dall’intimità dei primi due monologhi per tentare una sorta d ricognizione aerea sul destino dei singoli inquadrati in una Storia di più respiro, una tragedia infinita segnata dall’orrore della guerra posta lì come ad appianare ogni miseria umana.
Trasversale ad ogni pagina di questo bel libro l’amore per la lettura e la cultura:” … la cultura è quando una persona … o un popolo … sono pieni di gioia immensa!”
E il succo di tutta la storia? È il concetto di democrazia contenuto nella bellissima immagine finale, impossibile anticiparla.
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Commenti
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Gran bel libro : quasi ai livelli di "Le braci" e "La sorella" .
Ho trovato, in particolare, bellissime le prime due parti.
"Amare significa semplicemente conoscere appieno la gioia e poi morire.”
Condivido pienamente.
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Una storia interessante, ricca di sfumature e riflessioni mi pare di capire. Di suo ho letto finora soltanto "Le braci", romanzo che mi è piaciuto molto; dunque, un autore da approfondire.