Dettagli Recensione
I mille e un Oriente
Vincitore nel 2015 del prestigioso premio letterario francese Goncourt, “Bussola” non è un romanzo di facile recensione. Che cosa racconta?
Una storia d’amore, anzi due storie d’amore: prima di tutto, quella tra una donna e un uomo, due orientalisti che per anni s’incontrano, fuggono e s’inseguono tra Europa, Turchia, Siria e Iran; sullo sfondo, superba e affascinante cornice, la seconda storia d’amore che per gran parte del libro sembra offuscare la prima: quella tra Occidente e Oriente (in particolare, quello più prossimo), inquieta e ancestrale passione, raccontata attraverso le tantissime piccole grandi storie di coloro che di essa, in passato così come in tempi più recenti, fecero una ragione di vita. Scrittori e studiosi a vario titolo, viaggiatori, avventurieri e sognatori… È lunga la lista degli occidentali irrimediabilmente stregati dall’Oriente: tra queste oltre quattrocento densissime pagine si susseguono nomi europei ben noti legati, in un modo o nell’altro, al mondo orientale. E si scoprono cose curiose e interessanti. Non sapevo, per esempio, che Flaubert avesse tenuto un diario egiziano né che Goethe si fosse dilettato a scrivere esercizi di lingua araba. Nel nostro vecchio continente c’è molto più Oriente di quanto si creda; e in Oriente, paradossalmente, esiste molto dell’Oriente stesso rielaborato dall’Occidente.
“[…] lampade fornite di genio, tappeti volanti e pantofole miracolose; dimostrerebbe come questi oggetti sono il risultato di sforzi successivi comuni, e come ciò che consideriamo puramente “orientale” è in realtà molto spesso la ripresa di un elemento “occidentale” che a sua volta modifica un elemento “orientale” precedente, e così di seguito; ne trarrebbe la conclusione che Oriente e Occidente non appaiono mai separatamente, e sono sempre fusi, presenti uno nell’altro […]”
Un’opera straordinaria e monumentale che racchiude storia, letteratura, musica, nonché esotismo ed erotismo davvero raffinati: un’erudizione sconfinata in materia di Oriente e orientalismo, che sono viaggio, esplorazione continua, forse pure perdizione. Considerati gli specifici riferimenti geografici, letterari e linguistici ad arabo e persiano, purtroppo non si tratta di una lettura per tutti, semmai per appassionati del settore, altrimenti essa rischia di annoiare o, peggio, di non essere capita.
E a me, indegna appassionata di questioni orientali, che cosa ha lasciato questo libro?
Moltissimo, più di quanto potessi immaginare. Anzitutto, una bella lista di nomi dei quali approfondire la conoscenza (in testa, quelli dell’avventuriera francese Marga d'Andurain, della scrittrice e fotografa svizzera Annemarie Schwarzenbach e dello scrittore iraniano Sadeq Hedayat); poi, il promemoria relativo a una lettura di Edward Sa’id che avevo interrotto quand’ero più giovane; infine, oltre a quello per i miei ormai lontani giorni d’Oriente, anche il rimpianto di non essermi recata in Siria quando, per diverso tempo, mi trovavo a un tiro di schioppo dalla frontiera e gli schioppi, quelli veri, ancora tacevano.
Énard dipinge splendide descrizioni di Aleppo, di Palmira e del deserto siriano sospeso tra la notte stellata e lo sbocciar dell’aurora. Uno strazio profondo al pensiero di ciò che il Paese è diventato dopo ormai sei anni di guerra: un cumulo insanguinato di macerie e morte, perenne monumento alla stupidità e crudeltà umane.
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Commenti
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Tra te e l'altra Laura c'è solo l'imbarazzo della scelta... entrambe bravissime nelle vostre recensioni.
Grazie, Vincenzo. E poi mi sembra che neanche tu scherzi con le recensioni...
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