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Cecità
 
Cecità 2017-08-08 14:24:34 Mian88
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4.8
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4.0
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    08 Agosto, 2017
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Indifferenza, moralità, immoralità

Una città indefinita, un anno indeterminato, un’epidemia sconosciuta ed inspiegabile, un’epidemia espressa in una forma di cecità atta ad immergere “in un bianco talmente luminoso, talmente totale da divorare, più che assorbire, non solo i colori, ma le stesse cose e gli esseri, rendendoli in questo modo doppiamente invisibili” prima singoli individui, di poi la globalità.
Non si tratta dunque di una cecità meramente fisica, quanto piuttosto di un metafisico e metaforico ottenebramento dell’anima, essendo concepito l’occhio quale unica parte del corpo umano in cui è radica la medesima. Il perdere la capacità cognitiva dello spazio e del tempo provoca molteplici reazioni. Fintanto che la condizione di offuscamento è limitata a piccoli gruppi di soggetti obbligati a convivere in uno spazio di quarantena, è ancora riconoscibile uno spiraglio di altruismo, di volontà di darsi una mano perché tutti nella medesima situazione, ma, man mano che le vicende fanno il loro corso, si dipanano con la loro crudele verità, mano a mano che questi aumentano, tanto più è riscontrabile nella condotta di taluni dei riscoperti ciechi, una volontà di prevaricazione. La condizione in cui sono radicati porterà, infatti, alle peggiori conseguenze, semplicemente e più precisamente, riuscirà a far sì che venga alla luce quanto di più abietto e marcio vi è nell’intimo. L’insieme delle circostanze, cioè, metteranno a nudo ciò che in parte veniva celato: il vero essere, la vera anima. Con le sue sfumature. Con le sue brutture. Con le sue bellezze. Con le sue verità. L’essere umano, cioè, privato di quel mezzo di giudizio che è proprio di chi assiste e percepisce le azioni, non si vergognerà più di mostrarsi per quel che è.

«E’ di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria» p. 37

Tutto ha inizio con la quarantena dei soggetti infettati in un ospedale psichiatrico. I ricoverati sono suddivisi tra coloro che hanno già manifestatamente palesato la malattia, e coloro che al contrario, è presumibile che ne siano stati contagiati. Ogni giorno, alla solita ora, le regole da mantenere vengono dettate da un altoparlante, ogni giorno, per tre volte, viene – o dovrebbe essere – consegnato il vitto. La luce artificiale, è sempre attiva. Le guardie presiedono l’ingresso della struttura onde evitare fughe. Qualsiasi conseguenza interna alla medesima è mera responsabilità dei degenti. Se dovesse scoppiare un incendio, come una rappresaglia, cioè, alcun intervento esterno è previsto ed ammesso. Queste e molte altre le disposizioni da seguire.
Ed è in questa sorta di lager che hanno avvio le ingerenze. L’essere umano si perde. Perde cognizione dell’onestà, dell’igiene, del rispetto, della condivisione. La vita si deteriora sempre più, la legge del più forte prevarica ed il suo costo è altissimo. Si spiega attraverso la minaccia della fame, del ricatto, della violenza; strumenti questi che mostrano l’ulteriore trasformazione del recluso; alcuni ciechi, infatti, diventano ancora più ciechi, mentre altri, più uomini.
Non mancano i riferimenti alla religione ed in particolar modo viene soventemente riportato l’insulto rivolto da Gesù ai farisei: essi sono ciechi perché si approfittano della loro condizione di superiorità nonché dei vantaggi di cui godono rispetto a chi li circonda esattamente come fanno i ciechi della terza camerata, detentori del cibo, detentori dell’arma da fuoco e per questo padroni e sovrani indiscussi.
Eppure, nonostante le violenze, nonostante le privazioni, i ciechi delle altre camerate non si daranno per vinti e grazie all’aiuto della moglie dell’oculista, unica figura ad aver mantenuto la vista e ad esser testimone di quel che accade e di quel che la società è diventata, riusciranno ad uscire dal manicomio. Qui si abbandonerà parte del pessimismo caustico che abbraccia la prima parte del volume e si darà adito a nuovi incontri, con altri uomini e donne affetti da cecità, ma anche con animali quale il “cane delle lacrime”, gatti inselvatichiti, ratti etc etc. Perché, chissà, forse esistono ancora degli esemplari che meritano di vivere…
Altro passaggio di significativa rilevanza è quello relativo alla breve visita all’interno della Chiesa, luogo ove, la protagonista femminile si accorge che ogni immagine, statua ed elemento sacro della medesima è stato cosparso di bianco sopra gli occhi quasi a voler dire, “se sono ciechi i santi, come può non esserlo l’uomo?”. Se è cieco Dio, ancora, ogni creatura che è munita di anima, è affetta dalla medesima cecità. Se creatore e creatura soffrono dello stesso male, anche lo scrittore, come i suoi protagonisti, di convesso, ne è affetto.
Solo chi offre la sua vista agli altri non è affetto dalla perdita. Ecco perché nella Basilica l’unica figura a cui gli occhi non sono verniciati di bianco è Santa Lucia (che notoriamente li offre su un piatto), ecco perché nella storia l’unica che riesce a vedere è la moglie del medico; la quale, non solo si finge cieca per seguire il marito, ma destina, i suoi occhi a chi ha vicino. Ella usa e sfrutta la sua vista soltanto per il bene degli altri e mi per se stessa, mai approfitta della sua condizione di superiorità rispetto a chi la circonda. E la sua non è altro che una limpidezza morale che illumina nell’immoralità.
Classe 1995, “Cecità” – “Ensaio sobre a Cegueira”, letteralmente “Saggio sulla cecità” – di Jose Saramago è un’opera densa di significato ed incentrata sulla tematica dell’INDIFFERENZA, un’indifferenza che nell’elaborato si palesa con il divagare del contagio ma che in realtà era già presente nella realtà sociale.
Come in molti altri scritti, il tomo presentato, è intriso dello stile narrativo del portoghese, uno stile che prevede l’assenza di nomi propri per i personaggi, nonché dell’assenza di qualsivoglia carattere fisico dei medesimi. I singoli protagonisti sono individuati da espressioni impersonali (il ragazzino strabico, il vecchio con la benda nera, la ragazza con gli occhiali scuri, etc) ed i dialoghi sono inseriti nella prosa senza l’ausilio di punteggiatura alcuna. Al massimo sono introdotti dalla lettera maiuscola all’inizio della frase.
Il componimento, che per taluni potrà risultare surreale, è in realtà concreto, tangibile ed ottimale per descrivere quella che è la società e la realtà circostante nonché per analizzare le strutture di potere che vi si susseguono. Mediante un’analisi più approfondita traspare il messaggio per cui per quanto si faccia tabula rasa delle precedenti condizioni sociali, è impossibile un miglioramento. L’essere umano regredisce e torna a vivere in uno stato di natura tipicamente hobbesiano per cui conta solo la legge del più forte ed in cui non può esistere alcuna forma di crescita e/o solidarietà perché prevale lo status di guerra di tutti contro tutti pur di sopravvivere.
Non mancano riflessioni sulla fame del mondo così come sulla solidarietà che resta sempre concentrata e delimitata all’universo femminile.
In conclusione, “Cecità” è un saggio di grande acume, bellezza e verità, un testo capace di far riflettere su quelle che sono le zone più oscure dell’animo umano, un capolavoro.

«La paura acceca, disse la ragazza dagli occhiali scuri, Parole giuste, eravamo già ciechi nel momento in cui lo siamo diventati, la paura ci ha accecato, la paura ci manterrà ciechi, Chi sta parlando, domandò il medico, Un cieco, rispose la voce. Un semplice cieco, qui non c’è altro. Allora il vecchio dalla benda nera domandò, Di quanti ciechi ci sarà bisogno per fare una cecità. Nessuno gli seppe rispondere.» p 116

«Non si può mai sapere in anticipo di cosa siano capaci le persone, bisogna aspettare, dar tempo al tempo, è il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi, e ha in mano tutte le carte del mazzo, a noi ci tocca inventarci le briscole con la vita, la nostra, Parlare di gioco in una chiesa è peccato, Alzati, usa le tue mani, se dubiti di quanto dico, Giurami che è vero, che le immagini hanno gli occhi tappati, Quale giuramento ti è sufficiente, Giura sui tuoi occhi, Lo giuro due volte, sui miei e sui tuoi occhi. E’ vero, è vero.» p. 269

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Commenti

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Uno scenario terribile e sconcertante!
Ho letto il mio primo Saramago pochi mesi fa (Le intermittenze della morte) e sono rimasta disorientata e perplessa per quanto riguarda lo stile dell'autore, anche per quei dialoghi inseriti nella prosa senza punteggiatura adeguata. Un autore che sicuramente riprenderò prossimamente. Grazie, Mian: un'ottima analisi, con tante giuste considerazioni! :)
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Vincenzo1972
09 Agosto, 2017
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Laura, non lasciarti sfuggire Cecità, a mio parere un capolavoro, forse il migliore di Saramago, nonostante il suo stile poco.. amichevole...
Ottima anche la trasposizione cinematografica con Julianne Moore tra i protagonisti.
Bel commmento, Mian.
Interessante recensione, Maria.
Penso che il libro meriti sicuramente la lettura. Non so, però, se sia con l'animo adatto per intraprenderla.
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Mian88
09 Agosto, 2017
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Cara Laura, in primo luogo ti ringrazio di cuore per aver letto il mio commento. E' un libro molto forte, che non si risparmia e che non risparmia il lettore. Ho aspettato un po' prima di recensirlo proprio per essere sicura di averlo assimilato e pensa, ancora oggi ne ho dubbi!
Se posso permettermi, te ne consiglio la lettura, così come ti consiglio il "saggio sulla lucidità" che riprende le vicende di Cecità. Meritano, sono duri ma molto riflessivi.
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Mian88
09 Agosto, 2017
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Caro Vincenzo1972, anche secondo me è un capolavoro, sono felice di averlo scoperto, infatti, mi sono buttata anche su "Saggio della lucidità". E' un autore con uno stile particolarissimo ma che merita veramente tanto.
Il film me lo sono perso, cercherò di recuperare quanto prima. Grazie di cuore per avermi letto.
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Mian88
09 Agosto, 2017
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Grazie Emilio, di cuore. Ecco, se non ti senti dell'animo adatto, ti consiglio di aspettare perché è un libro molto forte che arriva in più riprese anche e soprattutto dopo la lettura. Il suo pessimismo e lo stile richiedono, però, una giusta predisposizione. Grazie di cuore!
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Laura V.
09 Agosto, 2017
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Grazie Mian, terrò presente il consiglio! :)
Ho appena finito di leggere Le intermittenze della morte che ho recensito perchè non avevo letto mai Saramago e l'ho trovato geniale soprattutto nello stile che tanti trovano ostico. Però Le intermittenze è molto ironico, mi sembra che Cecità non lo sia affatto, ma voglio leggere un altro libro di questo autore quindi direi che proverò proprio Cecità. Bella recensione, molto "sentita".
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