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Macron vs Ben Abbes
Potrebbe sembrare tardivo riprendere questo romanzo due anni dopo la sua pubblicazione e l’estinguersi delle fiammate polemiche che ne erano conseguite; ritengo, invece, particolarmente interessanti le considerazioni stimolate dalla sua lettura subito dopo le ultime elezioni in Francia, poiché le vicende più recenti consentono di valutare meglio la capacità di analisi politica di Houellebecq.
Credo sia ben noto il filo conduttore del romanzo, considerato il clamore suscitato a suo tempo: alle elezioni politiche del 2022 la situazione di crisi, di devitalizzazione dei due partiti che si sono alternati al potere dopo la costituzione, nel 1958, della Quinta repubblica, il loro contrasto con le posizioni del Fronte Nazionale di Marie Le Pen, aprono la strada ad un partito islamista che porta il leader Ben Abbes alla presidenza della Repubblica. Una società che ha perso la consapevolezza dei valori su cui è fondata, priva di idealità e indifferente al ruolo storico della Francia cede gradualmente, senza resistenze ad un’operazione di abile islamizzazione, condotta con scelte moderate, ma incisive, soprattutto nei confronti del mondo dell’istruzione e della cultura..
Vi sono, quindi, due fili conduttori consecutivi, in rapporto di causa – effetto: la perdita della capacità di mobilitazione e di coinvolgimento del sistema politico francese e il rischio di una potenziale islamizzazione. È sulla seconda tematica, sviluppata sino a configurare un modello distopico di società, che si è concentrata l’attenzione della critica e dei recensori, subito dopo la pubblicazione..
Oggi, dopo le ultime elezioni politiche, sembra invece giusto riportare in primo piano quello che Houellebecq considera fattore causale della ipotetica affermazione del partito islamista. La vittoria di Macron e di un partito creato dal nulla ha messo in evidenza le debolezze del sistema politico e la possibilità che vi si potesse aprire un varco per nuove aggregazioni. Così se Houellebecq descrive ironicamente la depressione di un noto editorialista politico, dopo la vittoria di Ben Abbes, perché “incapace di commentare una mutazione storica che non aveva previsto, che nessuno, a dire la verità, aveva previsto”, lo stesso stato d’animo dovrebbe valere per chi alle recenti elezioni non aveva intuito le possibilità di successo del nuovo protagonista della politica francese.
Lo scrittore coglie perfettamente il rischio di implosione del sistema binario centro destra – centro sinistra su cui è retto il sistema politico francese, con la sola differenza che tale implosione, anche per il concorso di situazioni particolari,si è verificata cinque anni prima del previsto. Appare, quindi, valida e ben centrata l’analisi di Houellebecq sulla crisi dei rapporti fra elettori e Stato, comprovata anche dall’elevata percentuale di astensioni e, di conseguenza, appaiono giuste le analisi di chi aveva visto in “Sottomissione” non tanto il timore di una deriva islamista, quanto la denuncia delle precarie condizioni di salute delle istituzioni democratiche francesi, storicamente fondate su una cultura laica ed illuminista.
La figura del protagonista è un ritratto della crisi di identità che Houellebecq vede nella società francese in generale, ma soprattutto nel mondo dell’istruzione e negli intellettuali. Francois è un docente universitario di letteratura che vive di rendita su una tesi di dottorato su Huysmans, esponente del decadentismo francese. É interessato più alle studentesse che alla comprensione delle tensioni intellettuali di un autore di cui, lui ateo, non riesce a cogliere le motivazioni che lo portarono alla conversione al cattolicesimo; solo alla fine ritiene di avere un'illuminazione, con una interpretazione guarda caso funzionale allo spirito del nuovo corso politico. Abulico, asociale e frustrato, buongustaio ed erotomane, disinteressato alla politica non esita, per qualche vantaggio che ne appaghi l’individualismo e il desiderio di prestigio ad accettare,con la conversione, quella sottomissione che potrebbe rappresentare “il culmine della felicità umana”.
Non è credibile che Houellebecq, ottimo conoscitore dei meccanismi elettorali e della realtà francesi, potesse nutrire un timore reale dell’affermazione di un partito islamista. “Sottomissione” è, essenzialmente, una forte provocazione che avrebbe dovuto stimolare una presa di coscienza del logoramento dei valori, politici e religiosi, fondativi della cultura occidentale. A futura verifica la valutazione se la vittoria di Macron significhi un reale ripensamento culturale della società francese.
Nella tradizione del pamphlet volterriano il libro offre una serie di frecciate, anche pesanti, nei confronti del mondo politico ed intellettuale. Tuttavia il suo interesse appare a questo punto superato; anche per molte cadute di stile la sua lettura mi sembra consigliabile solo a chi abbia piacere a fare una immersione nella realtà francese o a riflettere sui parallelismi fra la nostra realtà e quella dei cugini d’oltralpe.
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Sul tuo consiglio sì/no , opto per il no.