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Uno zero
 
Uno zero 2017-07-07 07:54:15 liaall
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liaall Opinione inserita da liaall    07 Luglio, 2017
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Ancora un'altra scena supplicò il regista

Un regista ha sempre un altro film da realizzare.
È forse il vizio degli artisti, quello di essere inesauribili: il genio artistico non ha nulla a che fare con il limitato, con il finito, se c’è, ce ne sarà per sempre, diciamo uno di quei giacimenti che se lo scopri diventi infinitamente ricco.
Immaginiamo allora un regista vecchio quasi paralitico, malato, per di più non autosufficiente, che aspetta solo il suo ultimo giorno, ma con la mente e l’ironia di sempre, perché quella non è soggetta a decadimento senile.
La sua carriera è stata bella, lunga e di ricca di riconoscimenti, di denaro, piena di adulazioni, di sesso e di belle donne. E poi arriva Zee.
Unica Zee, la moglie Zee.
Ma Zee è una donna piena di problemi e contraddizioni, che a sessanta anni ha un marito vecchio e disabile da accudire. Ha molti soldi, si, ma la noia? Il sesso? La femminilità?
Entra nell’inquadratura l’attore Eddie, adulatore del regista per mestiere, senza né arte e né parte, una specie di accattone negli ambienti della Londra bene, divorziato e psicologicamente labile, dalla problematica infanzia. Eddie è alla costante ricerca di denaro. La sua equazione è semplice: trova una donna, falla innamorare della tua presenza e del sesso, parlale dei tuoi progetti facendo finta di coinvolgerla e potrai chiederle tutto ció che vuoi.
Eddie vuole fare il mantenuto e Zee puó essere il suo portafoglio.
Il regista osserva attentamente i suoi attori, li ascolta, li perseguita, architetta marchingegni, tutto per il suo film testamento.
L’ultima messa in scena del regista Waldo è amatoriale, i protagonisti sono lui, la moglie e Eddie in un intreccio vietato ai minori.
Solo così può morire in pace, perché ha deciso che nel suo ultimo film il protagonista muore.
Il gusto del voyeur è connaturato allo sguardo del regista o dello scrittore, entrambi spiano incessantemente le vite degli altri, le stendono, le mescolano, le stravolgono, le intrecciano, continuano la scena laddove realmente termina.
La scrittura intrisa di profumo cinematografico tradisce le qualità di Hanif Kureishi, sceneggiatore di alcuni film di Stephen Frears e di Roger Michell:
oltre ad essere pagine di un romanzo, sono scene ben collegate come sequenze di un film.
Non c’è lentezza o monotonia ma un flusso di eventi scorrevole.

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