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La certezza di una colpa
Che cosa succederebbe se, quasi per caso, all' interno di due famiglie agiate, dalla quiete apparente, si scoprisse che i propri figli, ancora adolescenti, si sono macchiati di un atroce delitto, il brutale e gratuito assassinio di un homeless ripreso dalle telecamere, visibile ai nostri occhi ed a quelli del mondo?
Quali le implicazioni private, genitoriali, affettive, morali, legali e quali effetti sulle vite di tutti?
Quali le reazioni, secondo principi etici e senso di giustizia, considerando freddamente e spietatamente l' atto commesso, o privilegiando la sfera affettivo-sentimentale, ignorando la cruda verità in nome dell' integrità domestica?
E quanto l' essere stati genitori discutibili, presenze-assenze inserite in un blando ed edonistico permissivismo educativo, la noncuranza affettiva, il reiterato cattivo esempio ha indirizzato il presente dei propri figli, o viceversa tutte le colpe risiedono altrove, nella noia protratta e solitudine anaffettiva di una socialità solo all' apparenza condivisa ed amorevole, o nel semplice caso di un destino beffardo, o nella indefinitezza di un individuo potenzialmente aggressivo, minaccioso, pericoloso?
In " La cena ", romanzo del 2009 che ha reso celebre l' autore olandese Herman Koch e da cui sono stati tratti due film , l' italiano " I nostri ragazzi " ( 2014, libera interpretazione del testo, da vedere ) e l' americano " The dinner " ( 2017, che ricalca il romanzo peggiorandolo, brutto film) , si entra e si affronta questo tema spinoso.
Amsterdam, due nuclei famigliari riuniti a cena in un costoso ristorante alla moda, due fratelli e le rispettive consorti, individui profondamente diversi, un cinico e famoso politico in procinto di diventare primo ministro ed un ex professore di storia da anni allontanato dall' insegnamento per problemi psichici e depressivi.
La verità è già conosciuta e taciuta, il fine vorrebbe cancellare questa terribile storia, affrontare il presente, indirizzare il futuro, cercando una improbabile ed equa soluzione salvifica o una inevitabile ma necessaria condanna.
Ed allora, inevitabilmente, si evita, si omette, si svicola, si nasconde e ci si nasconde, coprendosi di indifferenza, calma, forza simulata, debolezza certa, maschere di una tragedia annunciata, rimandando l' attesa tra pietanze sofisticate, etichette gastronomiche e cliché comportamentali, aggrappati ad una falsa convivialita' ovattata di rabbia, delusione, incredulità, cinismo, banalità, negando la propria inerzia di fronte alla cruda verità.
Ci nascondiamo in ciò che siamo e non siamo, le nostre paure, i conflitti privati, la dimensione pubblica, addentrandoci in un labirinto famigliare ovattato, silente, un luogo della memoria colmo di rabbia, violenza, pura formalità, cose non dette, taciute, nascoste, rimandate, volti lontani, ruoli consolidati scambiati e vissuti per quotidianità .
Sete ed arroganza di potere, compiacenza, egoismo, e l' identificazione con i nostri figli, che abbiamo generato, parte integrante e proiezione di noi, ma che non conosciamo, se non in una personale e gratificante idea di possesso.
E loro, gli adolescenti, come ci vedono e ci considerano, egoisti, indifferenti, prepotenti, vecchi, superati, o semplicemente dimora sicura, spalla su cui piangere e rigettare gli errori commessi?
E chi siamo realmente, esseri umani infinitamente deboli, così desiderosi di affetti, o attori di quel ruolo che è parte di noi, ha rimosso idee e sentimenti impadronendosi di vita e speranze?
Tra le pagine del romanzo molte domande irrisolte, temi solo accennati e che tali resteranno.
E' questa, a mio avviso, la pecca più grossa e l' occasione mancata. Un' idea narrativa interessante, accattivante, vivida ed attuale, non adeguatamente rappresentata ne' supportata da una scrittura all' altezza e da una costruzione adeguata.
Personaggi autocelebrativi, isolati, perversi, senza comunanza, fluitanti chi verso una pubblica autocelebrazione, chi in un privato altezzosamente folle con vista su un passato doloroso, chi nella conservazione di una calma e dosata famigliarità. E chi invece vorrebbe indirizzare altrove l' errore commesso sarà impossibilitato ad agire.
E' questa l' eredità dell' oggi, una apparente convivialita' che nasconde disastri privati, assenze protratte, desolanti vuoti, solitudini comunicative ed anaffettività.
Quando l' orrore si è compiuto da tempo, ed è stato trattato come un semplice incidente, un caso fortuito, un atto goliardico, uno scherzo del destino, ed ogni singola vita umana assume dignità e contorni diversi, con esiti brutali legittimati, quando vi è l' assenza di qualsiasi senso di colpa e di Legge, in nome di una rappresentazione e conservazione di una dimensione privata da tempo fuori controllo, ahimè, si è già perso in partenza, e non vi sarà più alcuna possibilità di ritorno, pena applicabile, via salvifica o apparente ripristinata quiete domestica, se non il buio e la definitiva condanna della propria coscienza.
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Elena