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Alla ricerca della solitudine
Folli, instancabili, passionali, coraggiosi, geniali. E soprattutto intimamente soli. Questa è la famiglia dei Buendía, protagonista indiscussa del capolavoro di García Márquez. Una famiglia in grado di creare e poi distruggere un intero villaggio, Macondo, l'intrigante scenario delle vicende verso il quale anche coloro che viaggiano lontano non possono fare a meno di essere attratti e fare ritorno.
Le vicende sembrano un ciclo continuo, un eterno ripresentarsi degli stessi oggetti, delle stesse situazioni e anche degli stessi personaggi. Creando non poca confusione nel lettore infatti, l'autore assegna a più personaggi lo stesso nome, nonché un simile carattere o la propensione a compiere determinate azioni. Difatti, una delle maggiori abilità di García Márquez sta nel non dimenticarsi mai di nessun elemento presente nella narrazione, ma anzi facendolo ricomparire nel momento più inatteso; l'unica eccezione è data dal San Giuseppe di gesso, destinato a non tornare al suo vecchio proprietario.
Risulta arduo collocare la vicenda in un determinato arco temporale, specie a causa del totale isolamento del villaggio nei primi anni della sua fondazione, quando solo le carovane degli zingari osavano affrontare i pericoli della foresta per portare a Macondo le loro futuristiche conoscenze.
Alternando descrizioni dal lessico raffinato ad una estrema semplicità nei dialoghi, in perfetto accordo con il carattere dei personaggi, García Márquez ci trasporta al centro delle vicende dei Buendía, partendo dai capostipiti José Arcadio e Ursula, per poi proseguire con molti Aureliano e altri José Arcadio: un cosmo di personaggi in continua ricerca della solitudine o che, più frequentemente, si abbandonano ad essa come alla solo certezza nelle loro vite.
Se i Buendía, bevitori di caffè senza zucchero, sono i protagonisti, è parecchio ostico individuare un chiaro antagonista: infatti anche i personaggi che presentano dei comportamenti maggiormente denigrabili si riscattano agli occhi del lettore e vengono perdonati; un'eccezione potrebbe essere presentata dalla compagnia bananiera, ma anche in questo caso non si innesca nessuna vendetta o ritorsione di sorta.
L'universo in cui si muovono i personaggi presenta poi un'altra affascinante caratteristica, il cosiddetto "realismo magico": la semplice gente di Macondo non esita a credere ad ogni sorta di magia o superstizione, e l'elemento fantastico non rimane una mera illusione, diventando reale e tangibile in più occasioni. Sembra anzi che con l'avanzare del romanzo, la magia si palesi in forme sempre più forti e concrete. Va però precisato che certi segni, come pure gli spettri frequentatori della magione dei Buendía, non sempre sono visti e percepiti da tutti, come se scegliessero a chi vogliono rivelarsi. Magia e spiritismo sono comunque vincolati a delle leggi, e ciò contribuisce a renderli anche più reali e realistici.
Altro espediente utilizzato dall'autore con grande maestria è l'anticipazione di un determinato evento; alcuni fatti, anche fondamentali per la trama, vengono preannunciati già prima che si gettino le basi per la loro attuazione, ma ciò non diminuisce la suspense e invoglia anzi a proseguire nella lettura per scoprire cosa porterà lì la trama.
Interessante notare come l'autore e alcuni suoi colleghi abbiamo un piccolo cameo nel libro, come gli unici amici di Aureliano (Babilonia) Buendía.