Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un sequestro a fin di bene fallito
Ritorna Daniel Pennac, con la sua variopinta e imprevedibile tribù ed una nuova avventura : fulcro di tutta la vicenda è il sequestro operato da alcuni componenti della famiglia di Benjamin Malaussène , in combutta con il figlio stesso del sequestrato, di un noto facoltoso imprenditore e faccendiere, Georges Lapietà, aduso a traffici e ricatti d’ogni tipo. Il riscatto chiesto è di 28 milioni, proprio la cifra che il Lapietà avrebbe intascato come buonuscita di fine attività. Ma le cose non vanno come dovrebbero, cioè con la consegna del malloppo ad uno strano prete sul sagrato di Notre Dame e la devoluzione dei soldi a varie opere di soccorso a poveri e bisognosi: sequestratori veri irrompono sulla scena, si portano via il Lapietà e chiedono un riscatto astronomico, pena la rivelazione (sono probabilmente d’accordo con il sequestrato) di malefatte d’ogni genere di politici e politicanti, con tanto di date e dati esposti minuziosamente. Il titolo del romanzo ( “Il caso Malaussène”) non è altro che il riferimento all’incriminazione del povero Banjamin (con tanto di arresto e manette) per avere di sfuggita, durante una conversazione, difeso i primitivi sequestratori in nome di una istintiva solidarietà nei riguardi di chi sopravvive con quel poco che ha. Riemerge il Benjamin ben noto capro espiatorio dei romanzi di Pennac, che si serve di tutta la complicata e sorprendente storia per elargire perle di saggezza, con mano leggera ed una visione acuta, sofferta e lungimirante dei mali della società d’oggi: la malversazione, i ricatti, l’ingiustizia sociale, le contraddizioni e gli errori della giustizia, il tutto analizzato non banalmente , ma con l’amara consapevolezza che ben pochi siano i rimedi leciti per raddrizzare l’andazzo delle cose. C’è poi un’altra storia nella storia: la scrittura di un romanzo che, in totale isolamento e per ordine della direttrice della Casa Editrice ove lavora Benjamin, tale Alceste Fontana sta portando a termine (“Mi hanno mentito”) stigmatizzando i guai di un’educazione falsa e buonista. Il romanzo avrà un seguito (“ La loro grandissima colpa”), che probabilmente sarà l’oggetto di un prossimo lavoro di Pennac, che termina infatti il libro sul “Caso” con uno svolazzante “continua…” scritto a penna.
L’opera segna il ritorno di uno scrittore che ho sempre letto con piacere, apprezzato e stimato. Daniel Pennac, alias Benjamin Malaussène, alias il capro espiatorio di tante storie, alias il fantomatico Alceste Fontana, scrive e contemporaneamente insegna, con occhio scevro da pregiudizi e false verità: e lo fa con l’aiuto della sua scanzonata tribù, uno spaccato di mondo che sopravvive apparentemente felice all’invadenza dell’incultura e della sopraffazione.