Dettagli Recensione
Un grido disperato...
Afghanistan, forse...ma anche altrove.
In una stanza c'è un uomo su un letto rosso, immobile, vivo, con un proiettile conficcato nella nuca.
Accanto a lui una donna con un rosario in mano che prega, prega, prega...ininterrottamente prega da sedici giorni tutti i nomi di Allah.
Prega al ritmo dei respiri di lui, che ormai ha imparato a memoria.
Fuori dalla stanza, nel corridoio, ci sono due bambine piccole...
E fuori dalla casa...spari di kalashnikov, bombe, esplosioni, grida, paura.
Fuori c'è la guerra.
La donna è stanca, arrabbiata, disperata...tanto da riuscire a trovare, di fronte a quel marito inerme, incapace di reagire, la forza e l'audacia di parlare fuori dai denti, di dire cose proibite che mai avrebbe osato dire...su di lui, sulla loro vita insieme, sulla famiglia di lui, ma anche sulla propria.
E di fare cose che mai le sarebbe stato consentito fare...
Gli urla contro parole ribelli, tutta la sua insoddisfazione, il suo disprezzo.
Urla con la voce di tutte le donne della sua terra, voci sepolte da migliaia di anni di abusi, di ingiustizie, di sottomissione.
Lo accusa di aver preferito le armi a lei, alle sue figlie, d'altronde..."chi non sa fare l'amore, fa la guerra".
Ebbene sí, gli rimprovera anche questo: di averla sempre posseduta con violenza, di fretta, senza curarsi del suo corpo e del suo piacere.
Lo riempie di parole, di rivelazioni, di segreti inconfessabili...perché solo liberandosi di tutte le parole taciute potrà sentirsi veramente libera.
Piano piano lui diventa per lei la sua "Pietra di Pazienza", quella pietra preziosa che ascolta, assorbe tutte le parole, i segreti, le sofferenze, fino a quando non va in frantumi...e sgretolandosi libera da tutti i dolori.
"È una pietra per tutti gli infelici della Terra".
Straordinariamente affascinante.
Questo romanzo ti rapisce e ti tiene in ostaggio fino al suo epilogo, ammaliandoti con la sua scrittura asciuttissima, così asciutta da seccarti la gola, accompagnandoti con il suo incedere lento, ma interrotto da improvvise impennate di rabbia e disperazione, facendoti trattenere il fiato di fronte al riscatto feroce di una donna che rivedica il suo diritto all'amore, alla felicità, ma soprattutto all'ascolto...in un posto dove l'importanza delle sue parole è tragicamente vicina allo zero.
Confesso di aver letto il libro convinta di avere sotto gli occhi un romanzo scritto da una donna, tanto la rabbia della protagonista si fa tangibile, pulsante, disperatamente intima...solo alla fine scopro, con non poco stupore, che l'autore è un uomo, afgano.
E che ha scritto questo libro non nella sua lingua, ma direttamente in francese...per non sentire il peso dell'autocensura che la sua lingua madre, sacra, gli avrebbe inevitabilmente imposto.
E lì ho capito che tanto liberi, in fondo, non sono neanche gli uomini...