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"Eventide"
Le stagioni si susseguono ad Holt, con la loro calma, con il loro flusso dirompente, con quelle esistenze che si intercalano ed intrecciano in quell’inesorabile divenire di imprevedibilità che la vita stessa è.
Sono trascorsi già due anni da quando Victoria e i fratelli McPheron si sono incontrati, eppure, il tempo è ormai maturo per una nuova separazione, per un quel nuovo cammino, universitario, che sta per avere inizio. Ed ecco che i fratelli sono nuovamente soli nella loro vecchia e malandata casa. Maggie Jones e Tom Guthrie nel mentre sono divenuti una coppia stabile, seppur ciascuno continui a vivere per proprio conto con i rispettivi affetti familiari. Ma tra le vecchie conoscenze, si affacciano in questa landa del Colorado anche nuove ed interessanti realtà. Conosciamo così Betty e Luther, genitori di Joy Rae e Richie, che sopravvivono grazie al sussidio statale e all’aiuto di Rose Tyler, assistente sociale, che non manca di dar loro supporto e consigli. Conosciamo ancora Dena ed Emma, sorelle, figlie di Maggie, madre sola e disperata, nonché Dj vicino di casa che abita con l’anziano nonno di cui si prende costantemente cura, ed ancora conosciamo Linda May, fragile infermiera. E come in “Canto della pianura” Russell Beckman rappresentava la sfiducia dell’autore nei confronti del genere umano, in “Crepuscolo”, detta figura è interpretata da Hoyt Raines, zio di Betty nonché uomo violento e brutale.
Tanti gli avvenimenti che si susseguono, tante le circostanze che mettono a dura prova i protagonisti dell’opera. Raymond si ritrova completamente solo in quella campagna che ha creduto amica per tutti i lustri che ha trascorso su questa terra. Il silenzio è la sua unica grande compagnia. Ed ancora Betty e Luther si dimostrano genitori deboli; soggiacciono alle angherie dello zio e a pagarne le conseguenze sono i nipoti, ed ancora Dj che ha appena undici anni, deve sobbarcarsi il compito di gestire tutte le esigenze di un uomo di terza età.
In “Eventide”, titolo originale di questo capitolo della trilogia, la sensazione immediatamente provata dal lettore è quella della crudezza. A differenza che in “Plainsong”, che rappresentava l’inizio, il maturare di emozioni, sentimenti e sensazioni, infatti, le relazioni crescono e con la loro complessità nulla risparmiano. Lo sguardo dello scrittore resta freddo, oggettivo, in ogni intercalare. Nessuna sbavatura è presente nell’opera, Haruf non si lascia andare a sentimentalismi inutili nemmeno quando le violenze sono così forti da lasciare senza fiato, anche quando l’avventuriero stesso, vorrebbe in tutti i modi “poter fare qualcosa”. Conseguenza di questa impostazione è l’ineludibilità del futuro che si apre per i molteplici personaggi. Ciascuno si abbandona al suo destino, ai ricordi, alle più intime riflessioni, in quel crepuscolo che immancabile sopraggiunge. Tuttavia, in questa consapevolezza implicita, resta radicata la speranza. Le generazioni si scambiano, le parti si accudiscono, errano, redimano, cadono nell’egoismo, nell’impotenza, obbligano i figli a maturare troppo presto, ma non smettono mai e poi mai di credere nel domani. Ciò è riscontrabile soprattutto nei bambini che osservano silenziosi quello scenario che gli viene proposto, aspettandosi il rimprovero, aspettandosi la frustata, aspettandosi le lacrime di genitori impotenti ed incapaci, aspettandosi il cambiamento.
Non mancano le evoluzioni, non mancano gli elementi della natura, onnipresenti in ogni scritto dello statunitense. Assistiamo però ad un nuovo mutamento narrativo. Se in “Benedizione” lo stile presentato era rigido, minimale ed austero nonché caratterizzato da dialoghi, se in “Canto della pianura” era descrittivo, ricco, propenso all’avvenire, “Crepuscolo”, è caratterizzato dalla pienezza della vita e degli affetti in contrapposizione al cinismo ed alla drammaticità degli avvenimenti, è composto dalla ricchezza lessicale nonché dalla varietà dei registri.
Tra tutti gli episodi della Trilogia, questo è senza dubbio quello più complesso non tanto per temi poiché in ogni testo ve ne sono di ampi e significativi, quanto per contrasto tra bene e male, tra brutalità e bestialità degli esseri umani e la loro capacità empatica.
Tra i passi più forti oltre che alle vicende relative ai più piccoli protagonisti vi è quello relativo a Raymond McPheron. Il suo approccio alla solitudine, alla famiglia e di poi all’amore, sono semplicemente di indescrivibile gentilezza, sensibilità, ingenuità, purezza.
« Non credo che smetterò mai di sentire la sua mancanza, concluse Raymond. Ci sono cose che non si superano mai. E questa secondo me è una di quelle cose» p. 102
«Non piace nemmeno a me, rispose lui. Semplicemente sappiamo tutti e due che bisogna fare così. Quello che ci piace sembra che non abbia nessuna importanza. Le cose stanno così» p. 146
«No signore. Sembra troppo lavoro per una persona sola. Raymond lo guardò. Cos’altro potrei fare? Il ragazzo annuì e proseguirono» p. 244
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Mi è stato regalato "Canto della pianura" ; così conoscerò Haruf di cui tutti parlano bene.