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"La dolce eresia"
La soglia dei quarant’anni è ormai un passo ineludibile per Ella che negli ultimi venti lustri ha deciso di accantonare la sua carriera lavorativa – lei che aveva conseguito una laurea a pieni voti in letteratura – per dedicarsi alla famiglia, al marito e ai figli. Eppure, adesso è stanca. I bambini sono grandi ed hanno sempre meno bisogno di lei ed il marito, che al contrario è sempre più incline a scappatelle con donne eterogenee, la tratta come un oggetto a cui dover far ritorno per mantenere la facciata, l’apparenza. Quando quindi riesce ad ottenere un posto in una redazione, dove il suo compito sarebbe consistito nell’occuparsi della redazione delle schede di inediti libri, è felice di mettersi alla prova. Il primo volume che le viene assegnato ha il titolo de “La dolce eresia” ed è scritto da un enigmatico uomo che suole firmarsi A. A. Aziz. Ed è a questo punto che la narrazione muta drasticamente. Ella/il lettore si risveglia nella Turchia – Koyma – del 1242, le voci narranti iniziano ad alternarsi passando da Rumi, a Shams, a Rosa del Deserto, a Kerra e a tutti gli altri personaggi che con il loro apporto ricompongono il puzzle, ricostruiscono e riportano alla luce le quaranta regole. Negli intervalli della lettura nella lettura, la donna riesce a mettersi in contatto con Aziz che, pagina dopo pagina, è riconducibile all’immagine di Shams.
Ella, paradossalmente, finisce con il ritrovarsi in secondo piano, il lettore si cimenta nella lettura de “le quaranta porte”, eppure, riscontra né “la dolce eresia” il vero romanzo; chi legge scopre dell’esistenza di principi ad oggi spesso dimenticati o falsamente conosciuti, viene ad apprendere di una società così lontana eppure così vicina.
Tante sono le voci narranti, quante sono di fatto le tematiche trattate. Si passa dall’amore al destino, alla donna e alla sua condizione, alla volontà di riscatto, ai legami familiari al semplice imparare a darsi una possibilità, all’arte di ascoltare.
Il tutto è avvalorato da una penna dolce, calma, che non è mai eccessiva ma nemmeno piatta. La Shakaf riesce a ben dosare gli avvenimenti, compone con grande tatto quell’universo che le è proprio e che le è quasi costato caro.
Un romanzo ricco di spunti di riflessione, capace di affascinare e conquistare con quella dolcezza mixata alla durezza della vita.
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