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Il vino della solitudine
 
Il vino della solitudine 2017-04-18 08:28:33 Elena72
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Elena72 Opinione inserita da Elena72    18 Aprile, 2017
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Non si perdona un'infanzia rovinata

C'è molto della biografia dell'autrice in questo romanzo della Némirowsky: Hélène odia sua madre, Bella, donna vanesia e anaffettiva e cresce con un'istitutrice francese, Mademoiselle Rose che, seppur con molti limiti, sostituisce la figura materna. Il padre, Boris Karol, si dedica agli affari e al gioco d'azzardo dilapidando grandi fortune. Bella frequenta un giovane amante, Max, tra l'indifferenza del marito e l'ostilità della figlia e la famiglia Karol resta negli anni infelicemente unita, salvaguardando apparenze e fragili equilibri. Sullo sfondo della prima guerra mondiale e della rivoluzione russa i Karol, per sfuggire ai conflitti, viaggiano tra Ucraina, Finlandia e Francia e la piccola Hélène ha così l'occasione di innamorarsi di Parigi, città dove vorrà tornare per godere, infine, della sua solitaria libertà.

'Il vino della solitudine' è un romanzo in cui il tema dominante è un leitmotiv caro all'autrice: la sofferenza che una figlia prova nel sentirsi trascurata, non amata, da una madre incentrata esclusivamente su se stessa. Il punto di vista è quello della giovane Hélène, bambina intelligente, amante dello studio e dei libri “per la loro facoltà di dare l'oblio”, ma soprattutto sensibile, riflessiva e chiusa in se stessa. Il rapporto con Bella è, per la giovane, devastante ed insanabile: “nutriva nei confronti di sua madre un odio strano che sembrava crescere con lei; che, come l'amore, aveva mille ragioni e nessuna”. Hélène cresce “affamata di solitudine, di silenzio, di una malinconia amara di cui si sarebbe riempita l'anima fino a saziarla di odio e di tristezza”, sentimenti che sviluppano nella ragazza una sete di vendetta per tutto ciò che la madre le ha fatto patire nell'infanzia e nell'adolescenza. Cresciuta e ormai consapevole della propria femminilità, Hélène assume, prima inconsapevolmente e poi volutamente, tutti quegli atteggiamenti civettuoli che tanto aveva odiato in Bella. Gli uomini diventano per lei oggetti di conquista perché “non si ama un uomo per se stesso, lo si ama contro un'altra donna” e quella donna è sua madre. Cinica e disincantata Hélène persegue nel suo obiettivo fino a privare Bella di ciò a cui tiene maggiormente: la considerazione, le attenzioni e l'affetto di Max. Raggiunto lo scopo, a Hèlène non resta che gustarsi il calice amaro del vino della sua solitudine per poi staccarsi definitivamente dagli affetti familiari: "Non ho paura della vita” pensò "Sono stati solo anni di apprendistato. Terribilmente duri, è vero, ma che mi hanno temprata, hanno rafforzato il mio coraggio e il mio orgoglio. E questo mi appartiene, è la mia ricchezza inalienabile. Sono sola, ma la mia solitudine è aspra e inebriante".

La Némirowsky ha una penna tagliente, un bisturi che seziona l'anima; attingendo dalla propria dolorosa esperienza biografica, delinea con meticolosità quasi ossessiva la conflittualità tra la figlia e la madre facendo percepire al lettore tutta la sofferenza di quel rapporto. 'Il vino della solitudine' fu pubblicato in Francia nel 1935; sappiamo che l'autrice, prossima ad essere arrestata e deportata, stilando l'elenco delle sue opere sul retro del quaderno di "Suite Francese", accanto a questo titolo scrisse «Di Irène Némirovsky per Irène Némirovsky» e non è difficile trovarvi delle analogie tra la vita dell'autrice e la trama del romanzo: un padre assente, dedito solo al culto degli affari e una madre superficiale e insensibile che non manca mai di rimproverare la figlia per la sua goffaggine. L'unica figura positiva è quella della tenera e protettiva governante Rose che la Némirovsky descrive pensando alla sua cara Marie che le infuse l'amore per la Francia.
In Hélène troviamo tutto il dolore della scrittrice, la sofferenza di tutte le creature non amate dalla propria madre che per sempre patiranno di una ferita insanabile:
«Non si perdona un'infanzia rovinata...[...]Mi sembra che non si possa mai maturare come gli altri: siamo marci da una parte e acerbi dall'altra, come un frutto esposto troppo presto al freddo e al vento...»
Ho trovato questo romanzo avvincente ed intrigante, sofferto e profondo, come tutti quelli di questa autrice.

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Commenti

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Bella recensione la tua, di questo libro che dovrò leggere prossimamente!
Le tematiche sono simili a quelle di "Jezabel", altro suo libro che ti consiglio qualora non lo avessi già letto.
Saluti.
In risposta ad un precedente commento
Elena72
18 Aprile, 2017
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Grazie! Ho già letto diversi libri di questa autrice, tra cui Jezabel che però mi è piaciuto di meno, troppo drammatico
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