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Prospettiva a testa in giù...
Lo dico subito: mi è piaciuto molto!
L'originalità del romanzo si basa totalmente sulla "prospettiva": quella a testa in giù, di un feto quasi a termine di gravidanza, che ascolta, conosce, pensa, elabora...filosofeggia.
Ma non ci troviamo di fronte ad un testo che, riportando i pensieri di un non-nato, utilizzi un linguaggio infantile, asciutto, minimale...tutt'altro.
Il feto in questione è terribilmente snob, colto, ironico, sarcastico...
(Per tutta la durata della lettura mi si è visualizzata davanti agli occhi l'immagine di McEwan che sorride sornione...)
Il nostro piccolo narratore si trova nel ventre di Trudy, bellissima 28enne dalle trecce po' sfatte e gli occhi verdi, suo padre è John, poeta dal grande cuore e di scarso successo...ma ad attenderlo fuori dal suo guscio amniotico non c'è nessuna culla, nessun corredino, nessuno straccio di amorevole attesa sul suo arrivo imminente.
Sua madre è troppo impegnata, tra un'ubriacatura e l'altra e tra un amplesso e l'altro, ad elaborare con il suo amante (nonché zio del nascituro, dalla dubbia intelligenza) un piano diabolico per liberarsi del marito.
"Tra la debolezza di lui e la falsità di lei si è aperta la fetida crepa che ha partorito uno zio-verme"
Ed ecco che il nostro protagonista si trova ad essere spettatore impotente del disfacimento di una famiglia che non ha ancora conosciuto, si trova dilaniato tra l'amore incondizionato che prova per sua madre e la consapevolezza del suo non-amore, che lo porterà a formulare il desiderio di "non nascere, mai".
Ma nello stesso tempo è già innamorato del mondo che lo aspetta fuori, un mondo che non gli presta nessuna attenzione, apparentemente cattivo, indifferente alla vita, alle vite.
"Quello che mi spaventa è perdermi qualcosa. Che si tratti di un sano desiderio o di mera ingordigia, prima voglio la mia vita, quanto mi è dovuto, la mia infinitesimale fettina di eternità e una discreta opportunità di coscienza."
E qui McEwan riesce, senza appesantire la portata di un romanzo fresco e originale, a darci uno spaccato dell'Europa del nostro tempo: la guerra, la povertà, la minaccia dei mutamenti climatici, l'immigrazione...
"La vecchia Europa si gioca a testa o croce i propri sogni, incerta fra paura e compassione, fra accoglienza e rifiuto".
Insomma un romanzo intelligente, arguto, amaramente divertente, scritto come solo un autore di razza può fare.
McEwan riesce a passare da un registro ironico e sarcastico ad uno più intenso e sentimentale (vedi la "lettera" dedicata al padre nel capitolo 9) con una nonchalance fuori dal comune.
Un romanzo molto molto più bello di quanto prometta la copertina alla "Senti chi parla".
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Scritto divinamente.
E poi è un tributo a Shakespeare e al suo Amleto.
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