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“Perché non confessa, signor Hire?”
Questo breve romanzo, a ben vedere, parla di due omicidi.
Il primo è quello di una prostituta uccisa e derubata in una zona della periferia parigina, il secondo avviene per mano della collettività, con modalità che ricordano un'altra breve storia, “Il cappotto” di Gogol.
A quest'ultimo Simenon sembra ispirarsi per due analogie fondamentali: il suo protagonista indossa sempre un cappotto nero col collo di velluto e, soprattutto, è profondamente solo, di quella solitudine che può risultare fatale.
Qualche dubbio sulla sua colpevolezza, all'inizio, viene insinuato anche nel lettore, per una certa ambigua pinguetudine che caratterizza il signor Hire, per la sua andatura saltellante, per il suo voyeurismo:
“Poteva fissarti molto a lungo, così, senza curiosità e senza tradire alcun sentimento, come si fissa un muro o un cielo”.
Lo sguardo di un sociopatico, si direbbe, se non fosse che a tratti diventa quello di un cane bastonato che chiede umilmente ragione della crudeltà umana.
Il lettore assiste pagina dopo pagina al triste spettacolo di un uomo con un anelito non ancora spento d'amore e di gioia di vivere in fondo al cuore, risucchiato in un gorgo a spirale a velocità sempre più sostenuta:
“Perché non confessa, signor Hire?”.
Una camicia a righe e un paio di bretelle, intraviste attraverso un cappotto aperto in una giornata fredda e uggiosa, è l'ultima immagine che abbiamo di lui e dei suoi sogni romantici spezzati.