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Un mucchietto di braci
"Tutti sono scomparsi; che senso può avere, a questo punto, la vendetta?... Ecco la domanda che leggo nei tuoi occhi. E io ti rispondo con questa sola parola: vendetta! È stata lei a tenermi in vita, in tempo di pace e in tempo di guerra, nei quarantun anni trascorsi, è grazie a lei che non mi sono ucciso, non sono stato ucciso e non ho ucciso - così, almeno, ha voluto il destino. Adesso la vendetta è arrivata, come ho sempre desiderato. La vendetta consiste semplicemente nel fatto che sei venuto da me, attraversando il mondo in guerra e i mari infestati di mine, sei venuto fin qui, sul luogo del tuo misfatto, per rispondermi, per chiarire a entrambi la verità. Ecco qual è la mia vendetta. E adesso mi risponderai". Superbo nella prosa, affascinante nei contenuti, elegante nel lento incedere del racconto, Sandor Marai ci delizia con una storia delicata e seducente, incentrata sui sentimenti preponderanti dell'animo umano: l'amicizia, l'amore, l'orgoglio. Il racconto parte sornione, procede adagio tirando fuori ricordi, aneddoti, avvenimenti che, come piccole tessere, pian piano compongono quel mosaico che ci permette di capire. Ma capire cosa? Capire chi sono Henrik e Konrad e cosa c'è dietro l'amicizia che li lega. Un sentimento indissolubile, disinteressato, che irradia una luce mansueta, che non chiede soccorso e non esige sacrifici. Due esseri così diversi per carattere, origini sociali e disponibilità economiche, eppure incredibilmente affini, uniti, indivisibili. Capire perché Konrad scompare all'improvviso senza dare spiegazioni, senza dare più notizie, senza che l'altro si aspettasse neanche lontanamente un simile gesto. Capire perché Henrik lo abbia aspettato per quarantun anni, sicuro che l'amico sarebbe tornato e che ci sarebbe stata l'inevitabile resa dei conti. Ed eccoci qua con i due amici, in un salone illuminato dalla luce fioca delle candele e scaldato dal fuoco di un camino, accomodati in poltrona a sorseggiare del buon vino. Ad ogni sorso una domanda, un sospetto, un perché. Più che un confronto è un monologo, Henrik parla, sciorina ipotesi, fa domande e si risponde da solo. Konrad ascolta, annuisce, scuote la testa, tace. Ma i suoi non sono normali silenzi, sono delle vere e proprie risposte. La matassa si dipana, la situazione è ormai chiara, come spesso accade quando due amici si separano c'è di mezzo una donna. Ma c'è anche altro. C'è tutto ciò che ci si può aspettare da un buon libro. Ci sono le emozioni che ogni riga sa infondere nell'animo del lettore. C'è il gusto dolce e amaro dei ricordi. C'è la capacità di entrare nella mente dei protagonisti. Ci sono la vita e la morte, l'amore e l'amicizia, la lealtà e il tradimento. E infine ci sono le braci. "Con gesto lento butta il sottile volumetto nella brace. La brace si arroventa con bagliori foschi, accoglie la sua vittima e risucchia pian piano, fumando, la materia del libro, mentre dalla cenere si levano minuscole fiammelle. I due vecchi le osservano immobili, il fuoco si anima, sembra quasi che si rallegri per quella preda imprevista, ansima, scintilla, la fiamma balza verso l'alto fondendo la ceralacca del sigillo, e il velluto giallo brucia emanando un fumo denso e acre. Una mano invisibile sembra sfogliare le pagine color avorio; d'improvviso tra le fiamme appare la scrittura di Krisztina - le lettere aguzze e sottili vergate un tempo sulla carta da una mano ormai diventata polvere -, poi subito tutto si scompone e si dissolve in cenere come la mano che un tempo riempì quei fogli. Presto non rimane che un mucchietto di braci lucide e nere, come un pezzo di raso del colore del lutto".
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