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La maschera del desiderio
L' amore possiede declinazioni insperate e contorni indefiniti. Si copre ... " dei veli misteriosi e dei drappi del desiderio e della nostalgia "... , può mostrarsi con una semplice richiesta " Ti devo vedere " , ha il volto dell' indifferenza, della vendetta o può essere una risposta definitiva ... " Soltanto te e per sempre"..
Il veleno del reale si può tollerare solo con la ragione e l' indifferenza mentre un riso improvviso e beffardo fa calare il sipario su una recita melodrammatica e sulle infinite maschere che celano il volto della verità in un continuo giuoco di specchi, finzione e sofferenza.
" La recita di Bolzano " è la rivisitazione della vita di un Giacomo Casanova invecchiato, abbruttito, preceduto dalla propria fama, fuggito dalla prigionia, novello scrittore, fermatosi a Bolzano e lì rimasto in attesa di un qualcosa che non conosce ma che nel proprio cuore è rimasto, più semplicemente non è mai sfiorito.
È il desiderio di una donna, Francesca, un sentimento profondo, unico, il solo, mai provato, solo immaginato o sognato, ma contrario alla foga di una vita avventurosa e ribelle, alla natura stessa del proprio destino, a quell' essere toccando la vita ogni giorno, fuggendo, viaggiando, assaporando la femminea beltà, rifiutando ogni tirannia.
Giacomo è un uomo sospetto ed attraente, pericoloso ed interessante, interprete libertino di una vita fatta non solo di regole, proibizioni e catene, ma anche di libere passioni. Che cosa vedono in lui le donne?, ..." un uomo, semplicemente un uomo, il più raro che ci sia "..., non bello, senza tratti delicati, di cui non si sa nulla, un imbroglione, un bugiardo, sempre senza bagaglio, che le tratta con arroganza e disinvoltura.
Egli si accosta e si avvicina con identico fremito e curiosità a tutte le voci e a tutti i richiami, ma ogni volta sa che ..." non e' lei "... e riprende il suo cammino.
Crede nella vita e in quel destino che plasmiamo e poi accettiamo, perché nulla è destinato a durare. È convinto che cammino e vocazione letteraria lo condurranno piuttosto lontano, terrorizzato dalla idea della noia, si sente uno scrittore ma odia la solitudine.
E' stato condannato al carcere senza un motivo apparente, probabilmente per lo spirito con cui affronta il mondo e per quella fiamma della resistenza che in lui arde. In carcere ha fantasticato, immaginato, sperato, si e' illuso, ma i sogni e le fantasticherie, divenuti realtà, si spezzano e causano dolore.
Ora che è fuggito, che è libero ed ha davanti a se' il mondo, si sente inspiegabilmente solo, più di quando stava nell' inferno di una cella.
Bolzano diviene casa e prigione, situata a metà tra ciò che ama e ciò che rifugge, tra altezza e profondità, una città pulita e maledettamente estranea, così seria e virtuosa. Giacomo se ne sta nella Locanda del Cervo, abulico, malinconico, solo, sbadigliando, tutto ciò che ha sognato in carcere svuotato di ogni attrattiva.
Tutti lo tollerano, gli fanno credito, si sono abituati alla sua presenza come ci si abitua a un pericolo. In realtà egli aspetta qualcosa, perché questo significa essere vivi. Comincia ad esercitare la ciarlataneria amorosa, al suo capezzale volti sconosciuti, diversi, disposti a pagare per un suo consiglio, ma affetti da un unico male, l' egoismo, che vuole tutto e non e' disposto a rinunciare a niente.
E lui giunge ad una conclusione, aiutare la gente è impossibile. Capisce che tutto segue una logica ed una consequenzialità, nulla è iniziato il giorno prima ne' si concludera' nel volgere di una notte. La sua presenza a Bolzano ha un senso preciso, così come l' apparizione del conte di Parma, dal quale anni prima era stato ferito in duello, ed il ravvivato pensiero di Francesca.
La stanza improvvisamente si riempie di ombre, le ombre di una giovinezza ormai tramontata, pur conservando il bagaglio delle passioni umane. Ed allora si appresta a rivivere il passato sotto una nuova veste.
La seconda parte del romanzo presenta tre lunghi monologhi totalizzanti, un ménage a trois che ritorna, una ennesima recita all' orizzonte. Il Conte di Parma si presenta a Giacomo, con quella padronanza propria della vecchiaia e da lui pretende la stipula di un contratto, che reciti semplicemente se stesso, uno sciupafemmine incallito, un manigoldo che non conosce che l' avventura e la passione fuggevole.
Anche Francesca, sovvertendo ogni piano, appare nel cuore della notte al cospetto di Giacomo, ( travestito da donna ) vestita da uomo in un' alternanza di giuochi e di ruoli. " Io sono la vita", così si presenta, sospesa tra un uomo che lei ama ed un altro che ama lei, pronta a donare tutta se stessa per un amore immortale, a sacrificarsi, a cambiare se stessa, a spogliarsi di tutto, a vivere intensamente, a soffrire, a capire, e consapevole di avere goduto di quella vendetta che Giacomo porterà per sempre nel cuore, perché ha saputo togliergli tutte le maschere, persino quella dipinta sul suo volto spogliandolo delle sue colpe e guardandolo per quello che e'.
Quel ... " basta così "..da lui pronunciato le consegna il suo scalpo, la recita e' finita, la vendetta di Francesca compiuta in quel ..." ti ho visto, ti ho conosciuto e ti ho ferito "...
È questo il terribile giuoco della vita, delle maschere, dei travestimenti, il segreto svelato.
La verità è che ...." ci sono tante maschere tra noi che dovremo toglierci una dietro l' altra prima di potere vedere i nostri veri volti "... cosi' come ..." bisogna guardarsi a lungo nello specchio prima di potere guardare il proprio vero volto .."
Marai ci consegna un altro piccolo gioiello di introspezione, sempre con una scrittura centellinata, lineare, ricca di pathos e di attesa, riuscendo ancora una volta a dare voce ai sentimenti.
Come in " Le braci " si affronta un duello notturno ( che diverranno tre monologhi ) sul tema dell' amore e del tradimento, costruito su lunghi monologhi totalizzanti che non ammettono replica alcuna, perché fondati su verità incontrovertibili, pur con protagonisti e storia capovolti, ed una figura femminile ben viva ed influente.
Giacomo ricorda, in quella maschera che mostra un volto sciagurato, egoistico e cinico, il Lajos di " L' eredità di Eszter ", ma ne segnerà l' evoluzione, attratto dalla forza insondabile dell' amore, mentre Francesca, a differenza di Eszter, oltrepassa attesa e rimpianto svelando se stessa ed il proprio sentire.
Un romanzo di una bellezza travolgente, doloroso e struggente nella profondità di intrecci e personaggi. Marai, ancora una volta, ci mostra il suo volto, di raffinato cesellatore dell' animo umano e conoscitore delle insondabili declinazioni dell' umano sentire.
Indicazioni utili
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Marai è fra i miei autori preferiti, ma questo libro mi è piaciuto poco : vi trovato una scrittura un po' forzata, addirittura un po' 'barocca' non immune da enfasi. Insomma, un testo notevolmente inferiore rispetto a opere come "Le braci", "La donna giusta" e "La sorella".
Intanto, su Casanova, ti segnalo il breve "Dux", di Vassalli, documentatissimo, sulla vecchiaia del personaggio presso appunto il castello di Dux, in qualità di bibliotecario.