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"Non riesco ad amarti quanto ti amo"
Siamo a Gilead, in America, negli anni della Grande Depressione. Lila è cresciuta tra vagabondi e prostitute, tra campi di mais e alloggi di fortuna; ha venduto il suo corpo in un bordello, ha lavorato come donna delle pulizie, ha imparato a leggere ma soprattutto ha dovuto imparare a sopravvivere. Lila conserva con affetto pochi oggetti: uno scialle, un vestito, un cappotto e un coltello. "Altri avevano case e città e nomi e cimiteri. Lei aveva solo quel coltello. E la paura e le solitudine e il rimpianto". Sono i regali e i ricordi che la legano a Doll, una senza tetto che l'ha rapita quando Lila era una bambina gracile, piena di graffi e croste, trascurata e denutrita. Doll è stata per lei una madre, le ha dato affetto, le ha insegnato a vivere, l'ha difesa fino a macchiarsi di un delitto. L'esistenza di Lila ha una svolta quando, spaventata e sola, in un giorno di pioggia entra in una chiesa e vede l'anziano predicatore John Ames: i loro sguardi si incrociano e i loro destini da quel momento si uniscono. Ames la accoglie come se la conoscesse da sempre, si prende cura di lei con dolcezza, rispetto e fiducia. Due vite piene di ferite aperte si incontrano e si curano a vicenda con le uniche medicine che possono guarire l'anima: l'amore e la fede. Il reverendo vede in Lila la grazia che Dio gli ha concesso dopo troppi lutti e tanta solitudine. Lila vede in John tutto ciò che le è sempre mancato: un padre, un marito, una casa, una famiglia. John resta colpito dalle domande di Lila sul senso della vita, sul perché della sofferenza; si commuove di fronte alla profondità delle sue riflessioni e alla genuinità e generosità delle sue azioni. Lila e John concepiscono un figlio: il dono più bello e più grande che entrambi potessero desiderare. Lila vive la gravidanza in uno stato di grazia, custodisce nel grembo il suo bambino, lo coccola abbracciandosi il pancione, parla con lui raccontandogli i suoi pensieri, confidandogli ricordi e segreti. John, già avanti negli anni, non si cura dei giudizi della gente, si fida di Lila, la protegge e la ama incondizionatamente.
Marilynne Robinson è un'autrice calvinista, nelle sue pagine si respira una fede autentica, non urlata da un pulpito, ma sussurrata tra le mura domestiche. Lila è un personaggio che prende vita pagina dopo pagina tra luci e ombre, tra presente e passato, tra dati oggettivi e ricordi. La scrittura della Robinson è poetica, evocativa, profonda e impreziosita da citazioni bibliche (mai disturbanti perché sempre funzionali al racconto e alla caratterizzazione dei personaggi).
Ho trovato questo romanzo molto toccante, profondo, terapeutico. Lo consiglio a chi desidera prendersi una pausa di riflessione, un po' di tempo per meditare su ciò che serbiamo nell'intimo e spesso, gelosamente, custodiamo; solo quando un'anima incontra ascolto e rispetto può lasciarsi accogliere ed amare e "questo è uno dei pochi lati buoni della vita: nessuno ti può conoscere se non glielo permetti".
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Della Robinson ho letto solamente "Gilead" : ne sono rimasto positivamente stupefatto : la scrittura è bellissima, in un'atmosfera intensa profonda, piena di senso, senza alcuna caduta retorica. Dalla letteratura USA non immaginavo potesse giungere un libro di levatura così alta (come vedi, non sono affatto immune da pregiudizi, benché piuttosto supportati, verso il mondo americano). Non vedo l'ora di completare la trilogia.