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L'amante
 
L'amante 2017-03-23 09:59:27 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    23 Marzo, 2017
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Haifa, 1973.

1973. Haifa, terra d’Israele. Due realtà, un solo conflitto; quello arabo-israeliano. Una famiglia; un’unica solitudine. Adam, il marito quasi quarantasettenne, non riconosce più quella donna che da oltre vent’anni dorme al suo fianco. Sin dalla tragedia, sin dalla morte di Yigal, il loro primogenito, ella non è più la stessa, egli è divorato da un doppio senso di colpa. La osserva, la vede invecchiare, lasciarsi andare, chiudersi in mille silenzi, rifugiarsi nello studio, nel lavoro, nei sogni; proprio in quei sogni che originariamente erano fonte di ispirazione, di condivisione. In questo limbo di infelicità, come aiutarla se non ritrovandole quell’amante che così casualmente è entrato nelle loro vite e così silenziosamente se ne è andato? Quell’amante che può riuscire in quel compito di amarla che è diventato per lui così difficile? Asya, insegnante, è una donna irrequieta, silenziosa, accondiscendente, insofferente, apatica. Prigioniera dei suoi stessi pensieri, rifugge dalla realtà, da quel che la circonda, da quel coniuge ora così lontano, da quella figlia così incomprensibile, ingestibile quale Dafna, detta Dafi, è.
Ed ancora Dafi, quindicenne, insonne, che scruta, ascolta, legge le parole non dette. Ed ancora Na’im, il coetaneo “arabetto” che finisce con il rivestire il ruolo del figlio perduto e che altro non desiderava se non studiare ma che ha dovuto al contrario iniziare prematuramente a lavorare, perché così il padre ha comandato, che semplicemente sogna di non essere dimenticato anche se tutti, sembrano proprio, scordarsi di lui. Il loro incontro, quell’amore adolescenziale che prende forma e pian piano sostanza. Quell’amore che rappresenta il punto di incontro e riappacificazione tra i due mondi, quello ebreo e quello arabo dove il pregiudizio regna; riprova né è la convinzione della ragazza del fatto che ogni arabo sia violento e cultore dell’odio verso gli ebrei, riprova ne è lui che a dispetto degli spregiosi e arroganti ebrei riscopre una persona gentile, amabile, disponibile. Ed ancora Vaduccia, la nonna che aspetta l’amante, quell’amante che è suo nipote, il suo caro Gabriel finito in guerra e che al contempo ne adotta un altro, Na’im, arabo, oltretutto. Ed in questo universo di rette parallele ove ogni protagonista pare destinato a non incontrarsi mai, ciascun individuo cerca l’amante e finisce col riscoprirsi/ritrovarsi amante stesso.
Sullo sfondo il conflitto, uno dei tanti che ha colpito questa terra densa di sangue che scorre, questa terra bramata, lapidata, inaridita, questa terra oggetto di contese tra ebrei ed arabi. Sullo sfondo l’incomunicabilità tra genitori e figli, uomini e donne, la solitudine, l’insonnia quale espressione dell’insoddisfazione, del malessere, di quel quid assente per ottenere la tranquillità, per sentirsi completi, per sentirsi parte di un qualcosa in un concerto di sordità. Ogni personaggio, infatti, è silenzioso, indifferente, insensibile, vittima e carnefice del proprio soliloquio, vittima e carnefice dei propri pensieri. Ogni protagonista è preda di una solitudine singola e condivisa. La vita non è il giorno, bensì la notte.
Il tutto prende forma, si ricompone grazie all’alternanza delle voci narranti e grazie al viaggio introspettivo proprio di ogni singolo, e si avvalora altresì, attraverso una penna forte, corposa, solida che cattura e imprigiona chi legge. L’opera è semplicemente irresistibile, magnetica, intensa. Quella bellezza spietata di Gerusalemme, di Haifa, degli usi e costumi del popolo ebraico, della loro precisione e pulizia, degli ebrei ortodossi, degli arabi con i loro colori e odori di “aglio, melanzane, fieno fresco”, con le loro casine di villaggi e i loro animali, rendono lo scritto concreto, reale, tangibile. Ed in questa perfetta fotografia, non manca nemmeno l’aspetto politico, la critica a quel popolo che è “trappola di se stesso”, che è reo della propria incomunicabilità. Non mancano nemmeno le emozioni che mediante l’introspezione sono riportate a galla da quello strato di abnegazione, ghiaccio, profondità oscura, in cui precedentemente erano radicate, confinate, non risultando però mai melense o eccessive, rivelandosi al contrario, ben ponderate, calibrate, perfettamente incasellate in quello che è il divenire e lo scoprire della storia.
In conclusione, un romanzo intelligente, stratificato, che offre profonde riflessioni e che soddisfa sia dal punto di vista contenutivo che stilistico. Unica nota che è bene evidenziare è che, proprio questa scrittura morbida ma anche compatta, questa alternanza di voci narranti che portano alla ricomposizione delle vicende, fa si che la lettura giunga un poco alla volta e al contempo crea nei confronti della stessa un senso di dipendenza senza eguali.
Se dunque mai doveste decidere di avvicinarvi a “L’amante”, e personalmente ve lo consiglio vivamente, non abbiate fretta. Gustatevelo. Piano piano, un tassello alla volta. E se anche vi ci dovessero volere due o tre giorni in più per ultimarlo, non fatevene un problema, perché quel che questo è capace di lasciarvi non può ridursi ed esaurirsi in (ed a) una conoscenza rapida e distaccata. Richiede tempo, analisi e predisposizione mentale, ma assolutamente merita.

«Odore di campi intorno, il cielo è pieno di stelle. Una stradina sconnessa di campagna. Un punto nella Galilea. Vita vecchia, vita nuova. Lui se ne andrà, e mi toccherà cominciare da capo. Me lo sento. Sono qui, accanto a una macchina antiquata e morta, modello ’47, e non c’è nessuno che venga a tirarmi fuori. Bisogna che vada a cercare Hamid. Ma per il momento non mi muovo. Il silenzio mi avvolge tutt’intorno. Un silenzio profondo, come se fossi sordo.» p. 432

«Che lavori un po’, non si ricorda più come si fa a lavorare. M’ha detto di tornare a scuola. E’ un uomo buono. Buono e stanco. E il povero Adnan, che era così arrabbiato con loro. Si può anche amarli, e si può anche farli soffrire. E’ proprio incastrato, non riuscirà a tirarsi fuori da solo. Ma io non torno li ad aiutarlo, ho paura che mi salti addosso. Meglio che vada a svegliare Hamid. La gente si domanderà: che cosa è successo a Na’im, che d’improvviso è così pieno di belle speranze.» p. 433

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Commenti

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Bellissimo libro di un grande scrittore, l'ho letto qualche anno fa. È una lettura che sicuramente merita. Bella recensione, grazie!
Grande Letteratura! E anche una bella recensione, Maria. Non ho letto questo libro, ma conosco abbastanza l'autore per poter dire che con certi scrittori si va sul sicuro.
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Mian88
23 Marzo, 2017
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Grazie Chiara, di cuore. E' un libro che ho sentito molto e che ho cercato di non finire troppo rapidamente tanto mi ha colpita. :-)
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Mian88
23 Marzo, 2017
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Caro Emilio, concordo con te. E' un autore di grande acume ed in questo elaborato ne da grande prova. Te lo consiglio, sinceramente. :-)
Mane
23 Marzo, 2017
Ultimo aggiornamento:
23 Marzo, 2017
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Splendida recensione Mian!
Sono conquistato dall'espressività del passo
dove descrivi i personaggi nel loro modo di essere.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
24 Marzo, 2017
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Grazie di cuore Mane, davvero. L'ho scritta col cuore, soprattutto quel passo, l'ho particolarmente sentito. Le tue parole, toccano un nervo molto sensibile. Grazie :-)
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