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Un giorno di ordinaria follia
Nella routine della vita d’un uomo il sabato è il giorno consacrato all’interruzione della routine stessa, è la pausa nello stress settimanale destinata a diventare, paradossalmente, una routine altrettanto rigorosa, fatta di svago, di doveri familiari e sociali puntualmente assolti.
In piedi, davanti alla finestra, già sveglio all’alba, il neurochirurgo Henry Perowne si accinge ad affrontare il suo sabato ricco di impegni, uguale a quello precedente e probabilmente uguale a quello successivo. Il suo sguardo indugia su ciò che vede all'esterno, prima rapida e simbolica premonizione di ciò che sta per accadere. Interno e esterno, tranquillità e caos costituiscono, sin dalle prime pagine, una significativa contrapposizione. Ed è il bagliore improvviso di un aereo in fiamme che illumina il cielo appena rischiarato dall’aurora che colpisce Henry e lo riporta bruscamente alla tragedia delle torri gemelle che ha segnato e cambiato la storia del mondo. È la storia che si impone con prepotenza, è il mondo esterno che invade il privato e non si può ignorare. E d’altra parte è proprio in questo sabato, in cui la figlia Daisy torna dopo una lunga assenza e il figlio Theo ha delle importanti prove per il suo concerto, che Londra è percorsa da una moltitudine di manifestanti contro la guerra in Iraq.
Come sempre nei romanzi di McEwan, la realtà si alterna e integra la finzione dando luogo a una serie di interessanti valutazioni sulle scelte politiche dei vari paesi. Qui, dunque, il protagonista si interroga sull’opportunità di abbattere un regime feroce quale quello di Saddam soprattutto in considerazione delle conseguenze che tale decisione avrebbe determinato. Il dibattito si fa aspro quando vede schierati interventisti e non-interventisti. È sempre il mondo esterno con la sua aggressività che spesso degenera in violenza che invade il pacifico mondo di Henry, quando una banale lite seguita a un altrettanto banale incidente stradale rischia di trasformarsi in tragedia. È la città stessa, con il suo caos dilagante che si contrappone ai ritmi tranquilli della vita familiare di Henry. Tutto sembra doversi concludere in una giornata di orrore e follia nel momento in cui lo squilibrato Baxter irrompe nell’abitazione dei Perowne e si rivela una minaccia reale. Ancora una volta è alla poesia che McEwan affida il compito di ricomporre il caos: sarà infatti la poesia recitata da Daisy a commuovere il balordo Baxter e ad abbassarne le difese.
Nulla sarà comunque più come prima alla fine di questa giornata drammatica, così come ogni cosa sarà diversa al termine della giornata di Leopold Bloom nell’Ulisse di Joyce. Bastano ventiquattro ore per cambiare una vita, per arricchirla di nuove seppur dolorose esperienze, o per privarla di quegli affetti e di quelle certezze faticosamente raggiunte.
Un romanzo che affronta temi importanti che non investono solo la politica, ma anche il sociale. McEwan si dilunga in considerazioni sulla vecchiaia, sulle malattie che affliggono spesso gli ultimi anni di vita degli anziani, con amare osservazioni sulla fugacità della vita.
La conclusione tuttavia lascia uno spiraglio di speranza, perché “alla fine, in caduta, lieve: questo giorno è passato”.
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