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È un superdotato! Un precoce! Un genio!
Amélie Nothomb ripropone Riccardin dal ciuffo, la fiaba di Perrault che tratta il tema della metamorfosi che l’amore può produrre, trasformando il brutto in bello e il mediocre in intelligente.
Deodato è figlio di Enide e Onorato e fin dalla nascita è brutto da far paura (“Sembrerebbe che la natura abbia deciso di rifornirmi di ogni orrore”). Brutto e sgraziato sì, ma intelligente (“È un superdotato! Un precoce! Un genio!”), e di un’intelligenza particolare (“L’intelligenza è anche una capacità di adattamento”)…
Altea, ha il nome di una rosa!; nasce da Rosa e Gelsomino (Amélie sembra attribuire ai nomi un significato che disegna storie nella storia): è bellissima, ma non propriamente acuta.
I due – per motivi opposti – patiscono gli scherzi spesso atroci dei coetanei e, tra mille sofferenze e malversazioni, nonostante la crudele regola sociale per la quale “Il molto brutto a volte suscita un po’ di compassione; il molto bello irrita senza pietà. La chiave del successo sembra essere in una vaga piacevolezza che non possa dare fastidio a nessuno”, individuano il loro percorso professionale: lui nella scienza ornitologica, lei nella moda di alto bordo.
Riuscite a immaginare il finale? Il lietofine, nella post-fazione, la stessa Amélie in versione di allibratore-lettore di Balzac lo dà 6 a 100…
Dopo la sonora stroncatura di Michela Murgia (http://www.raiplay.it/video/2017/02/quotRiccardin-dal-ciuffoquot-di-Am233lie-Nothomb-2ab231de-4d77-401d-b32e-dd216faa89b1.html), cosa possiamo dire noi seguaci della Nothomb? Che la amiamo di quell’amore incondizionato e “a prescindere” del quale si parla nel suo ultimo racconto? Ma così daremmo ragione a Michela Murgia!
Bruno Elpis
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