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Due, ma con una faccia sola
"La mia impresa somiglia ad un solitario già calcolato in anticipo; prima ho disposto le carte scoperte in modo da essere assolutamente certo del successo; poi le ho raccolte in ordine inverso e ho consegnato ad altri il mazzo così ricostruito, nell'assoluta certezza che il gioco sarebbe riuscito". Hermann Karlovic, tedesco di origine russa impegnato nel commercio della cioccolata, si imbatte per caso nel vagabondo Felix, accorgendosi subito della straordinaria somiglianza che li lega, quasi fossero "due, ma con una faccia sola". La mente del protagonista elabora subito un piano infallibile che, approfittando del suo sosia, gli permetterà di uscire dalla situazione di stallo in cui si trova la sua vita, tra problemi aziendali, tediosa routine quotidiana e l'ingombrante ed ambigua presenza fissa di Ardalion, un pittore cugino di sua moglie, invadente e scroccone. E passi se bisognerà passare sul cadavere di quello stupido barbone. Non sarà assalito di certo dai sensi di colpa per aver tolto dalla faccia della terra un essere così inutile. E non avrà nulla da temere neanche dalla legge perché la sua strategia è infallibile, la sua intelligenza superiore ha studiato tutto nei minimi dettagli e non esiste neanche la più remota possibilità che la truffa fallisca. Ma davvero il presuntuoso, arrogante e antipatico protagonista riuscirà ad attuare il proprio progetto criminoso senza incappare in errori? La somiglianza tra lui e Felix è realmente tale da riuscire ad ingannare gli altri? L'autore propone una storia a metà tra "Delitto e castigo" e "Il sosia" di Dostoevskij; lo stesso Hermann a tratti ricorda il fosco Raskol'nikov e a tratti il folle Goljàdkin. Tuttavia queste analogie, più che un omaggio al grande maestro, appaiono dei palesi tentativi, da parte di Nabokov, di delegittimare il suo collega e predecessore, nei confronti del quale non ha mai nascosto la sua poca stima. Comunque, al di là degli accostamenti con le opere del passato e delle discutibili antipatie dell'autore, questo libro risulta un'opera originale e accattivante che, con uno stile letterario di prim'ordine, racconta una vicenda turpe e cupa con ironia, eleganza e brio, giocando con le parole come solo Nabokov sa fare e mettendo in ridicolo risibili velleità e spocchiose vanaglorie che caratterizzano l'animo umano e che spesso portano dritte verso un vortice di disperazione. "Sebbene in fondo al cuore non avessi dubbi sulla perfezione della mia opera, e fossi persuaso che nel bosco in bianco e nero giaceva un uomo morto identico a me, nondimeno, in quanto novizio della genialità, ancora disavvezzo al sapore della fama, ma colmo dell'orgoglio che si accompagna al rigore verso se stessi, agognavo, fino allo spasimo, che il mio capolavoro (terminato e firmato il nove di marzo in un bosco tenebroso) fosse apprezzato dell'umanità, o in altre parole, che l'inganno - poiché ogni opera d'arte è un inganno - fosse coronato dal successo; quanto ai miei diritti d'autore, chiamiamoli così, che la compagnia assicurativa doveva versarmi, li consideravo una questione di secondaria importanza. Oh, sì, ero l'artista, allo stato puro, del romanzesco".
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