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Everyman
 
Everyman 2017-02-19 14:07:00 68
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68 Opinione inserita da 68    19 Febbraio, 2017
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Nonsense di una fine auto annunciata

L' inevitabile epilogo della vita di ogni uomo (everyman ) ha segnato tristemente il protagonista senza nome del romanzo che inizia il giorno delle sue esequie, celebrate secondo il classico rito ebraico.
I presenti, parenti, amici, semplici conoscenti, enunciano, in un ultimo veloce commiato, un personale pensiero sul defunto, divisi tra aspre critiche e declinazioni amorevoli, laddove la morte si è già presa la scena riscrivendone, come sempre, la storia.
Mogli tradite, o assenti, figli abbandonati e scontenti, semplicemente amati, un fratello idolatrato ed invidiato, una ex amante, volti indistinti e silenti dietro un sipario improvvisamente calato.
Il percorso di una vita, la propria, rivissuta postuma nelle parole impersonali del defunto, costruita di esteriorità, un gratificante lavoro nella pubblicità, tre mogli così diverse fra loro, fragili legami parentali, il benessere economico, tra avventure extra coniugali, forma fisica e leggerezza.
Era stato, a lungo, ( più di un ventennio ) un viaggio disincantato e brioso nella roccaforte di un corpo sano lontano da quell' idea della morte degli anni a venire quando il passare del tempo avrebbe presentato un conto salato e la malattia sarebbe divenuta compagna sgradita .
Tre istantanee nella vita del protagonista, tra infanzia, giovinezza e maturità, associate a malattie, le prime due per banali interventi chirurgici ( un' ernia ed una appendicectomia ) dissoltisi con il vigore della giovinezza, la terza per lo stress ed il decadimento fisico della maturità con la cronicità del non ritorno ( una patologia cardiaca invalidante e ripetuti interventi chirurgici salvavita ).
Una certa idea di oblio comincia ad insinuarsi nel nostro, presenza irremovibile e non esorcizzabile, se non con il tentativo di sfuggire luoghi ed abitudini passate, declinando l' ossessione della morte. Ed allora si allontana da una New York colpita dagli attentati dell'11 settembre, e si dedica alla pittura, vecchia passione creativa e curativa.
Eppure perché alla sua età doveva essere ossessionato dal pensiero della morte?
Quasi tutti lo vedevano come un uomo bonario, industrioso, affabile, moderno, per i più un conformista, semplicemente un normale essere umano. Come padre un impostore, avventuriero, frivolo, immaturo.
Nella sua vita due grandi legami affettivi ( e non per le tre mogli ). Per il fratello Howie, atletico, vigoroso, brillante, con una salute ferrea, che ispirava fiducia, ma anche qui il tempo e la malattia l' avrebbero trasformato in odio per quelle doti biologiche che lui non aveva.
E poi Nancy, figlia prediletta di secondo letto, così pura e sensibile, innamorata dell' idea dell' amore, da sempre alimentatasi della propria generosità e sottrattasi all' infelicita' cancellando i difetti delle altre persone.
Oggi entrambi sono obbigatoriamente assenti in una quotidianità indirizzata altrove, immersa nel dolore e in un senso del nulla. Tutto è pura materia, " corpo", concretezza del reale, esperienza vissuta, persino i ricordi. Nessuno spazio per l' insondabile svagatezza del sogno, la realtà fattuale diviene lotta per la sopravvivenza, anche se battaglia già persa, ormai svuotata di senso.
Ed allora egli come avrebbe definito la propria autobiografia? Semplicemente " Vita e morte di un corpo maschile ".
Dopo gli ultimi ricoveri ospedalieri si è trasformato in un uomo solitario e meno sicuro di se', l' unica preoccupazione sta nell' eludere la morte, la decadenza fisica si è fatta la sua storia.
Ha perso il senso della vita, ormai preso da un' assenza di conforto, da una aridità mascherata di consolazione e da un senso di " alterita' " mai posseduto, niente stimola più la sua curiosità.
Prende forma l' idea che la vecchiaia sia dapprima una battaglia, poi un massacro ed una rassegnazione al deterioramento fisico in attesa del nulla. Persino i corpi di coloro che lo circondano, dalle ex mogli, agli amici, ai vecchi colleghi, ai conoscenti, hanno perso forma, forza, alcuni prematuramente scomparsi.
La propria consolazione sta nell' accostarsi alla materia per scongiurare l' indefinitezza di una fine, nel credere e toccare il presente, nel trattenere quel che rimane di un passato lontano.
Dei suoi genitori non restano che le ossa, ..." in fondo erano ossa e basta, ma le loro ossa erano le sue ossa...", simbolo di una vicinanza che possa mitigare l' isolamento per la perdita del futuro collegandolo a tutto ciò che non c'è più. In un raccoglimento protratto, durante una visita al cimitero, per pochi minuti, il protagonista si sente corporalmente così vicino a quelle ossa, perché la carne di quei corpi si è sciolta ed esse sono l' unico conforto per uno che non crede nell' aldilà.
Un consiglio gli viene dal passato ( da suo padre ) ed è la presa di coscienza di ..." una vita per gran parte trascorsa in quel guardarsi indietro cercando di espiare le colpe espiabili ed andando avanti con quello che resta nel presente.."
In verità l'ossessione per una vita non vita o per una fine ritenuta imminente conduce all'' autoannientamento, al nulla e quindi all' essere gia' morti. Ma qui si entrerebbe nella complessità ed indefinitezza di una mente ( ed il protagonista è solo corpo ) che, partendo da fatti reali ( la malattia e la decadenza corporale), costruisce ed amplifica una propria verità ( vera o presunta) trasformandola in realtà invalidante.
Probabilmente la semplice accettazione della vita stessa, nella propria caducità, oltre che imperfezione e limitatezza, gioia e dolore, permetterebbe di viverne i semplici attimi, assaporandone i gusti disparati, allontanando l' incubo di una fine certa, piu' o meno lontana, ma profondamente " umana ".
Il senso è la limitatezza temporale, sta a noi sfruttarlo al meglio, nel presente, allontanando rimpianti e false speranze, abbandonandoci al sogno ( spazio atemporale ), accettando ( anche se a fatica ) l' inevitabile declino.
Una semplice domanda: che vita sarebbe costruita su un' idea di perfezione ed eternità ?
Un Roth sempre pungente e da riflettere, con tematiche ondeggianti tra il filosofico e l' antropologico, su sfondo autoanalitico a scrutare la vulnerabilità e finitezza dell' animo umano e l' insondabilita' della vita. Una scrittura che scandaglia la profondità delle parole, usandole e dosandole in una struttura armonica e centellinata ( pochi dialoghi densi ) in un costrutto con minore ampiezza storico-sociologica e maggiore intimità, ( nella rappresentazione della vita di un uomo ) fermo restando la crudezza nella narrazione del reale e nella fisicità dei temi trattati (funzionale alla storia).

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