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L’adolescenza e le sue deviazioni
“Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra di avergli dato una mano a morire. E se non fosse capitata in coincidenza con una pietra miliare nel mio sviluppo fisico, la sua morte sembrerebbe un fatto insignificante in confronto a quello che è successo dopo.”
Nel titolo e nell’incipit è anticipato uno dei temi fondamentali di questo romanzo di Ian McEwan del 1978, “Il giardino di cemento” il primo scritto dal romanziere inglese dopo una serie di racconti.
Sin dall’inizio, infatti, la narrazione fa uso di immagini che evocano concetti contrastanti sui quali si basa la dinamica del racconto.
Se nel nostro immaginario al termine “giardino” associamo l’idea di profumi, colori, oggetti armoniosamente distribuiti nello spazio, al termine “cemento” attribuiamo un significato di staticità e immobilità che è proprio della morte. La contrapposizione vita/morte contenuta nel titolo “Il giardino di cemento” viene ribadita nell’incipit, in cui il narratore protagonista accenna al decesso del padre avvenuto in concomitanza con la sua prima eiaculazione.
Il romanzo, complesso e torbido per alcuni degli argomenti trattati, affronta sostanzialmente il tema dell’adolescenza abbandonando gli schemi perbenisti e ipocriti e facendo emergere realtà spesso nascoste e represse per un senso di vergogna o di paura.
Ciò che accade ai fratelli Jack, Julie, Sue e Tom dopo la perdita di entrambi i genitori è esemplare di come un nucleo familiare, rimasto privo di guida, possa chiudersi pericolosamente in sé, lasciando che ogni fobia, ogni psicosi prenda il sopravvento sul normale sviluppo del fisico e della mente.
Seppellire la mamma deceduta in una cassa sigillata col cemento è la soluzione che ai ragazzi appare più semplice per evitare di essere separati e affidati alle autorità preposte alla cura dei minori. Gestire la libertà non è tuttavia così facile come può sembrare. La narrazione di McEwan si fa dunque via via più cruda. Egli sottolinea lo squallore e il degrado in cui piomba la casa e la sporcizia che regna nella cucina, che fanno da contraltare a una realtà esterna di un quartiere degradato e quasi abbandonato, una periferia specchio dell’anima di chi vi è rimasto. “Le altre case erano state abbattute per far posto a un’autostrada mai costruita.[......] La nostra casa era grande e vecchia. L’avevano costruita in modo che sembrasse un po' un castello, con mura spesse, finestre tozze e smerlature sopra la porta di ingresso.” Una descrizione da romanzo gotico, che fa pensare al dipinto di Edward Hopper “House by the railroad” del 1925 dal quale Alfred Hitchcock trasse ispirazione per il suo “Psycho”.
L’atmosfera all’interno della casa si fa claustrofobica e offre terreno fertile per le manie di autoerotismo di Jack e per il travestitismo di Tom, ormai regredito all’epoca della prima infanzia, che Julie e Sue favoriscono e agevolano. Anche qui la contrapposizione tra i sessi è evidente: se per una donna indossare i pantaloni non è scandaloso, ma anzi, è indice di emancipazione, per un maschio indossare una gonna è degradante e segno di perversione.
Jack, il narratore autodiegetico, e Julie, la sorella verso la la quale egli nutre un’attrazione morbosamente crescente, fino a un incestuoso rapporto, sono l’evidenza di come rimuovendo le figure genitoriali e dunque eliminando le barriere culturali, il nucleo familiare possa ritornare alle origini, con un superficiale senso di colpa, ultimo residuo della consapevolezza di aver trasgredito a quel codice che regola la civile convivenza. Un libro duro, che può turbare per gli argomenti trattati, ma che esamina la natura umana, senza indulgenza e con imparzialità.
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L'argomento è forte ma penso sia esattamente ciò che McEwan volesse suscitare.
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Sono attento a sapere qualcosa in più su questo autore. Dopo aver letto "Espiazione", non sono ancora passato a un secondo libro dello scrittore : non vorrei trovarmi di fronte a un'ondata di negatività.