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Il Novecento (quello Estetico, però)
Mi sono approcciato alla lettura di questo romanzo con delle aspettative che sono state deluse. Ma è stata una fortuna. L'incipit, meraviglia delle meraviglie (altro che i sospiri Barricheschi, questa è Forma, con la F maiuscola).
Ma a sorprendermi (in positivo) sono state tre cose.
Primo, lo stile. Una narrazione di "scintillante alterigia" (Pietro Citati), da esteta puro, un'attenzione ai particolari e una minuzia squisita accompagnate però dall'abisso profondissimo di uno spirito corrotto che più prende coscienza di sé più si immerge nel nero più nero, in un climax continuo e inarrestato.
Insomma, un gustoso pastiche di estetica tardo ottocentesca e cupezza individualista e nichilista del miglior Novecento (Kafka, Celine e compagnia bella - BELLISSIMA!)
Secondo, l'assenza pressoché totale di scene di erotismo spinto: il libro sembra davvero un romanzo d'amore, senza quell'indugiare ruffiano e molto post-moderno di quelli che più particolari mettono, più si sentono realisti. Qui il dolore, l'abisso e la perdizione si sentono tutti, senza il bisogno di spiattellare l'orrore come se fosse un talk show.
Terzo, l'assenza di una morale. Il libro, nelle parole dello stesso Nabokov, non ha intenti pedagogici o moralisti, non vuole contrapporre l'orco pedofilo all'innocente angelo violato. Qui nell'abisso si precipita insieme, e ciò rende a mio parere il libro ancor più sconvolgente. Nonostante il narratore parli in prima persona e si condanni spesso per quel che racconta, non si ha mai l'impressione di detestarlo davvero.
Insomma, un vero, grande capolavoro. Raramente mi è capitato di leggere romanzi con una prosa così seducente, morbida, minuta e al tempo stesso nera e profondissima. Da leggere senz'altro.