Dettagli Recensione
Da leggere con lentezza.
È già da qualche mese che ho terminato questo libro, eppure, continuo, di tanto in tanto, ad avvicinarmi alla libreria per leggerne qualche estratto.
Ciò che mi ha spinta ad acquistare il libro non è stato soltanto il titolo, ma, soprattutto, la voglia di approfondire la figura dell’autore, già ampiamente apprezzata in Un cuore così bianco.
La storia è quella di una vita, di una morte e di tutto ciò che gira intono ad esse. Fine. Inizio. Elaborazione. Riflessione. Confessione. Debolezza. Forza.
La storia, è anche quella di Luisa e Miguel. La coppia perfetta. A raccontarci di loro è María Dolz, che lavora in una casa editrice. La donna da anni li osserva ogni mattina al caffè, e da quel rapporto trae la forza per affrontare la propria giornata ma, più in generale, la propria vita: «[…] erano loro due insieme che mi tranquillizzavano e mi davano gioia, prima di incominciare la giornata». Improvvisamente, questa “routine” viene interrotta: Miguel viene accoltellato dal custode di un parcheggio, e María, sconvolta, non può fare a meno di avvicinarsi a Luisa, ormai vedova. Sarà proprio in casa di quest’ultima che María conoscerà – e s’innamorerà – di Javier, migliore amico del defunto. Dopo qualche tempo María, avendo intrecciato una relazione con Javier, scopre che questi è innamorato di Luisa e che, in qualche modo, è coinvolto nell’omicidio di Miguel.
La figura di Miguel, nel romanzo, è simile a quella di un fantasma che ci accompagna dalla prima all’ultima pagina. Altri due i fantasmi, le constanti, all’interno del libro: Macbeth di William Shakespeare – con particolare riferimento alla morte di Lady Macbeth, e a quel “She should have died hereafter” – e Le Colonel Chabert, in cui Honoré de Balzac racconta la storia di un uomo, Hyacinthe Chabert, creduto morto in seguito alla battaglia di Eylau del 1817 e che dieci anni dopo ritorna a Parigi, dove trova la moglie sposata con un altro uomo e tutti i suoi beni usurpati.
Questo romanzo non può che avere come titolo Los enamoramientos (Gli innamoramenti, The infatuations), poiché Marías, come recita la quarta di copertina, “disegna una cartografia dell’amore e dei sentimenti in cui tutto ciò che crediamo di sapere sulla vita e sulla morte viene messo in dubbio e continua a tormentarci.”
Il libro, per me, ha rappresentato una conferma della grandezza della penna di Marías. Vorrei non averlo ancora letto per conservare lo stupore della prima volta, provare l’emozione dell’avere un grande libro tra le mani ed esitare a cominciarlo. Vorrei di nuovo entrare in libreria ed eseguire il classico rituale che avviene ogni qual volta si acquista un nuovo libro: estrarre il libro dallo scaffale, ammirarne la copertina, leggerne la trama riportata e dare un’occhiata veloce all’incipit senza rovinare ciò che in un secondo momento – ma che in realtà sarà un primo momento – diverrà più attento, più approfondito. Tornare a casa, sgomberare la mente e godermi queste pagine per ritrovare il mio equilibrio. Fermarmi a intervalli di brevi pagine per sorprendermi della bellezza che ne traspare. Assaporare pagina dopo pagina la potenza dell’autore, farmi trasportare dal quel flusso di parole così tipico di Marías, ma mai scontato. Stupirmi ancora, e ogni volta con sempre maggiore entusiasmo, che al mondo esistano, per fortuna, scrittori così. Ma, soprattutto, essere felice perché potrò ancora godere della bellezza che riserva la sua penna.