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Humour britannico tra Hitchcock e Jan Fleming.
Expo 58 di Jonathan Coe, pubblicato nel 2013, è un romanzo di piacevole lettura che certamente non presenta la complessità strutturale di altre sue opere famose e di successo. Tuttavia se la tecnica narrativa di Coe ha molto frequentemente attinto alla tradizione letteraria inglese, qui le fonti sono piuttosto quelle del cinema britannico.
Non si può fare a meno di rilevare come il protagonista Thomas Foley venga spesso assimilato all’affascinante Cary Grant di Intrigo Internazionale di Hitchcock, anche se il fascino del personaggio di Coe non raggiunge quello dell’attore hollywoodiano. E d’altra parte un episodio importante del romanzo si ispira sicuramente ad alcune scene tra le più significative del film.
La storia si svolge tra Londra e Bruxelles, dove nel 1958 si tenne una Esposizione Universale, che vide riuniti i più grandi e importanti paesi del mondo con lo scopo apparente di consolidare una collaborazione e uno scambio di informazioni da tempo auspicati, dalla fine della seconda guerra mondiale. Ma siamo in pieno clima di guerra fredda e in effetti tutti spiano tutti. Thomas, dipendente del Central Office of Information, ha l’incarico di sovrintendere al club Britannia nel padiglione inglese. La sua vita in Belgio assume un ritmo assai diverso da quello monotono e poco eccitante dei giorni trascorsi con una moglie priva di fantasia e una figlia neonata.
Il protagonista, dunque, si trova immerso nel bel mezzo di una spy-story, e qui i riferimenti ai romanzi di Ian Fleming sono evidenti. La stessa conclusione riserva un sorprendente colpo di scena.
Come in tutte le altre opere, Coe fa sfoggio del suo raffinato humour e ci offre pagine davvero godibili, che, come sempre, mettono in risalto il contrasto apparenza/realtà, destinato a creare incertezza. L’uomo, dunque, sembra vivere in un perenne stato di precarietà.
La storia, nata dalla fantasia dell’autore, ha come sfondo un periodo storico e luoghi realmente esistiti e ciò conferisce un aspetto di autenticità e realismo. Basti pensare al frequente accenno all’Atomium, la struttura simbolo dello sviluppo tecnico del Belgio, divenuto un monumento, allo stesso modo in cui lo divenne la Tour Eiffel (1889) o l’Acquario civico di Milano aperto con l’inaugurazione del Traforo del Sempione (1906).
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