Dettagli Recensione
Letteratura e letterati oggi
Che l’epoca a noi contemporanea sia di difficile definizione, di aspro inquadramento, presumo dunque di difficile rappresentazione, mi appare ancora più lampante dopo la lettura di questo romanzo. Esso riesce sicuramente a restituire l’epoca coeva, le sue disarmonie, l’omologazione dei vissuti pur descrivendo un preciso gruppo sociale nella Washington odierna e non disdegnando l’immaginazione di un futuro apocalittico per Israele fra terremoto ed ennesimo conflitto, eppure a questo scritto manca il sentimento universale. Languisce in oltre seicento pagine nell’individualismo che ci caratterizza, si inabissa nella famiglia Bloch e nella sua incapacità di reggere alla sfida della propria epoca, è deludente anche perché i fatti narrati evolvono in negativo e l’intera narrazione si chiude con una scelta dolorosa.
Nello stile tipico di Foer che caratterizza la sua prosa con abbondanti dialoghi, qualcuno al limite della decenza della rappresentatività , o per l’uso di un lessico animato da volgari riferimenti sessuali o per ridondanza o per inutilità pura, la narrazione vive anche di piccole brecce che fanno intuire il potenziale di questo autore capace di narrare e indubbiamente di consegnare al lettore interessanti spunti di riflessione. Lo scritto è animato dal sentimento del tempo, fuggevole, che tormenta in particolare Jacob, l’antieroe, padre stupendo ma uomo irrisolto, ingabbiato da un ‘identità ebrea che nulla a che vedere con la religiosità, incapace di conoscersi e di darsi agli altri, immaturo nella sua disfatta. Foer ha saputo creare un ottimo personaggio, disgregato però nell’identità, perso fra le innumerevoli pagine. Solo quando la narrazione si focalizza su di lui e non tramite lo strumento del dialogo ma attraverso il più necessario narratore esterno, allora si gode di una buona scrittura. La moglie, Julia, è personaggio secondario ma necessario a individuare i limiti di Jacob, per cui perfettamente funzionale, i tre figli infine sono ben caratterizzati e offrono lo spunto per parlare di genitorialità, rapporto di coppia, crescita. Vi sono pochi altri personaggi e sono quasi tutti appartenenti alla famiglia: sono i parenti che vivono in Israele, sono i genitori e il nonno di Jacob, sono insomma le sfaccettature assunte dalla diaspora nel terzo millennio, funzionali anche esse a far riflettere sul lascito della storia di questo popolo, sulla sua evoluzione che pare sfociare nell’involuzione culturale delle nuove generazioni depauperate anche del credo ma ingabbiate dalla cultura religiosa, dai riti e dalle celebrazioni che non si sanno più comprendere ed accettare. È tramontato il senso di appartenenza, essere ebrei sembra quasi un inutile fardello che può inorgoglire solo a livello culturale.
Personaggio a parte il cane Argo, quasi il fulcro di un universo disgregato e disgregante.
Consiglio la lettura solo a chi è capace di apprezzare quanto per me ha rappresentato un limite, non rientra nei miei canoni estetici.
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